India: no della Corte Suprema alla revisione delle sentenze sulla strage di Bhopal
I sopravvissuti, gli ammalati e i parenti delle vittime della catastrofe ambientale
di Bhopal, in India, hanno accolto con grande sconforto e delusione la decisione,
presa due giorni fa dalla Corte Suprema, di respingere la possibilità di rivedere
le sentenze emesse l’anno scorso contro i sette dirigenti indiani della fabbrica di
pesticidi a soli due anni di detenzione e multe irrisorie. “È stata una giornata cupa
per Bhopal, una giornata nera per la giustizia, per le vittime passate e presenti”
ha commentato all'agenzia Misna, Rachna Dhingra, attivista del ‘Bhopal group for information
and action”, a nome delle associazioni di sopravissuti e ammalati che l’altro ieri
a Bhopal hanno manifestato il loro malcontento. Nella notte tra il 2 e il 3 dicembre
1984, dallo stabilimento di produzione di pesticidi dell’azienda statunitense ‘Union
Carbide’, in seguito a anni di negligenze, si sprigionò una nube tossica che causò
la morte immediata di circa 3500 persone, altre 20.000 nei giorni successivi. Bhopal
viene spesso indicato come il più grave scandalo industriale della storia, anche per
le conseguenze dell’intossicazione prolungate nel tempo: decine di migliaia di persone
soffrono di malattie o malformazioni e numerosi bambini sono nati con handicap in
seguito all’avvelenamento delle madri, diventando una nuova generazione di vittime
di Bhopal. I sette dirigenti indiani della fabbrica furono inizialmente accusati di
omicidio colposo ma nel 1996 la Corte suprema ridusse i capi d’accusa. L’anno scorso
erano stati condannati per negligenza a una pena massima di due anni di carcere, suscitando
sgomento tra le vittime. I condannati, tutti anziani, sono stati liberati su cauzione.
Le associazioni di vittime fecero pressione sul governo per ottenere una nuova valutazione
da parte della Corte suprema. Ieri, la Corte ha rifiutato di riaprire il caso, sostenendo
che il governo aveva aspettato troppo tempo per contestare i verdetti. I responsabili
statunitensi della Union Carbide non sono mai stati giudicati. Nel 1989, l’azienda
patteggiò con il governo indiano il pagamento di 470 milioni di dollari. (M.G.)