Attentati in Pakistan: oltre 80 morti. I talebani: vendetta per l'uccisione di Bin
Laden
Pakistan sotto choc per il duplice attentato contro gli agenti di frontiera nel distretto
di Charsadda, nel turbolento nordovest del Paese, al confine con l’Afghanistan. Almeno
80 i morti ed oltre 100 i feriti causati da due kamikaze a bordo di moto, che si sarebbero
fatti esplodere contro un gruppo di reclute che stava salendo a bordo di alcuni mezzi
per andare in licenza. Tra le vittime, secondo la polizia locale, anche tre civili.
Il servizio di Maurizio Salvi:
L’azione,
rivendicata dal più importante gruppo terroristico pachistano, legato ad Al Qaeda,
i Tehrik-i-Taliban Pakistan, è stata la più grave da quando, nel novembre scorso,
un kamikaze causò 70 morti in una moschea, non lontano dalla frontiera dell’Afghanistan.
Un portavoce talebano ha spiegato che si è trattato della prima risposta all’uccisione
di Osama Bin Laden e che altre, più importanti, saranno date sia in Pakistan sia nel
vicino Afghanistan. La polizia ha ricostruito la dinamica dell’attacco, spiegando
che prima è scoppiata una carica nascosta in un carretto parcheggiato davanti all’ingresso
del Centro di formazione delle Guardie di frontiera. Poi, quando i soccorritori sono
giunti sul posto, un kamikaze, a bordo di una motocicletta, si è fatto esplodere tra
la gente provocando il massacro. L’attentato - immediatamente condannato dal presidente
Asif Ali Zardari, che si trova in visita a Mosca - ha accentuato la tensione nel Paese,
dove oggi, in una sessione del Parlamento a porte chiuse, i militari hanno riferito
la loro versione del blitz americano contro Osama Bin Laden.
La prima vendetta,
dunque, è arrivata, nonostante tutte le misure di sicurezza innalzate in Pakistan
dopo le minacce seguite alla morte di Bin Laden. Questo vuol dire che Al Qaeda ha
ancora un alto potenziale di attacco? Salvatore Sabatino ne ha parlato con
Emanuele Schibotto, esperto di terrorismo della rivista di geopolitica e relazioni
internazionali "Equilibri.net":
R. – Al Qaeda
ha un modesto potenziale di attacco. Diventa alto nelle aree dove ha presenza fisica
organizzata: al confine tra il Pakistan e l’Afghanistan, la Somalia – soprattutto
la parte meridionale – e lo Yemen in particolare. Qui Al Qaeda può – e lo ha dimostrato
– essere ancora un pericolo ed un impedimento alla pace e alla sicurezza internazionale,
perché di questo si tratta.
D. – In questi anni abbiamo visto un cambio
di strategia: prima gli attacchi erano al cuore dell’Occidente – pensiamo solo all’11
settembre, a Madrid e a Londra -, poi l’epicentro si è spostato verso Paesi più deboli
sul fronte sicurezza. Visto che Al Qaeda aveva minacciato anche l’Occidente c’è il
rischio che torni ad attaccarlo?
R. – A mio avviso no. Al Qaeda ha sempre
attaccato sia l’Occidente che i Paesi arabi, le zone del mondo musulmano, a partire
proprio dal cuore: l’Arabia Saudita, lo Yemen e via via gli altri Paesi. C’è un impedimento,
un’impossibilità ad agire nei Paesi occidentali e questo a causa di diverse ragioni.
In primo luogo, per l’innalzamento dei livelli di sicurezza, in tutti i Paesi occidentali,
per la grande cooperazione, il grande network, lo scambio di informazioni tra le varie
intelligence e, cosa più importante, secondo me – come sottolineano gli esperti che
collaborano con i vari governi -, la mancanza di cellule organizzate nei Paesi occidentali.
Semmai, si può parlare di “nebulose”. (vv)