L'arcivescovo di Chieti: la preghiera è il respiro della vita
Il Pontefice ha spiegato nell'udienza generale del 4 maggio scorso che intento delle
sue catechesi è cercare di imparare a vivere ancora “più intensamente il nostro rapporto
con il Signore, quasi una ‘scuola di preghiera’”. Su questo nuovo ciclo di meditazioni
all’udienza del mercoledì, Alessandro Gisotti ha chiesto un commento a mons. Bruno
Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto:
R. – Il Papa
dice che il senso dell’esistenza rimane oscuro e sconfortante se non viene messo in
rapporto con il mistero di Dio e il suo disegno sul mondo. Questo, in fondo, è quello
che fa la preghiera. La preghiera àncora le opere e i giorni al mistero santo, ci
fa riscoprire custoditi nel grembo della Trinità divina e proprio così dà fondamento
ma anche orizzonti di speranza e di fiducia al nostro cammino. Ecco perché la preghiera
è il respiro della vita e per il credente è la continua sorgente di luce e di pace
che lo rende libero e capace di incidere nella storia secondo la volontà del Padre
nella sequela di Gesù.
D. – Il Papa ha detto, nell’udienza generale
di mercoledì scorso: “In ogni preghiera si esprime sempre la verità della creatura
umana”…
R. - Nel senso più profondo, perché l’uomo non è una monade:
l’uomo è creato da Dio come partner di un’alleanza d’amore: è l’Altro che Dio ha voluto
nella gratuità del dono, perché nella libertà questo “Altro” potesse corrispondergli.
Dio ci ha fatti per contemplare il suo volto: Sant’Agostino lo dice in maniera struggente
all’inizio delle “Confessioni”: “Hai fatto il nostro cuore per te ed esso è inquieto
finché non riposa in te”. E allora, pregando, l’uomo si pone nell’atteggiamento più
radicale e vero che ci possa essere, della creatura davanti al Creatore.
D.
– Con umiltà il Papa ha detto: “La preghiera non va data mai per scontata. Occorre
sempre reimparare a pregare” …
R. – E’ molto bella la formula “scuola
della preghiera”. E’ una formula che, anche personalmente, ho amato e amo molto, tanto
che nella mia diocesi ho istituito una “scuola della preghiera”. Perché è così importante
parlare di “scuola della preghiera”? Etimologicamente, “scholé” significa “l’indugiante
pensare”, come dire: la preghiera non si improvvisa. Proprio perché essa investe in
maniera così radicale l’essere umano davanti a Dio ed apre così profondamente alle
sorgenti eterne, bisogna educarsi alla preghiera.
D. – “Orazione” non
è in contrasto con “azione”: abbiamo da ultimo un esempio luminoso come il Beato Karol
Wojtyla…
R. – Giovanni Paolo II – per chiunque abbia avuto la grazia
di stargli vicino anche pochi momenti, durante una celebrazione eucaristica – appariva
un uomo totalmente immerso in Dio e nello stesso tempo, proprio per questo profondamente
umano. Ciò è la verifica sul duplice versante di quello che Papa Benedetto XVI ci
ha detto iniziando questa “scuola della preghiera”: proprio perché la preghiera ci
immerge più profondamente in Dio, Trinità Santa, ci rende anche più profondamente
umani, capaci di sintonizzarci in ciò che di vero, bello e autentico c’è in ogni essere
umano. (gf)