Diventano operative da oggi le sanzioni decise dall’Unione Europea contro alcuni esponenti
del regime Siriano. Si tratta della risposta di Bruxelles alla sanguinosa repressione
contro i manifestanti che, da settimane, chiedono riforme democratiche nel Paese.
Il servizio di Marco Guerra:
Nel mirino
dell’Europa gli uomini del regime Assad ritenuti responsabili della ''repressione
violenta contro la popolazione civile''. Tredici le personalità di spicco colpite
con la misura del congelamento dei beni e il bando dei visti. In testa alla lista
il fratello minore del presidente Assad, uomo di punta della guardia repubblicana.
Indicati anche il capo dei servizi segreti, il capo della sicurezza politica e il
ministro degli interni. Il pacchetto prevede anche l'embargo su armi, veicoli
e attrezzature che “potrebbero essere usate per azioni di repressione interna”. E
in mattinata ha rincarato la dose il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle,
che ha minacciato un rafforzamento delle sanzioni europee qualora il presidente Assad
non ''ponga immediatamente fine'' agli arresti dei dissidenti. Ma il crescente
isolamento internazionale non allenta la morsa del regime sugli oppositori. Prosegue,
infatti, l’assedio dell’esercito imposto nelle città teatro delle proteste, come
Daraa e Banias e Homs. Attivisti per i diritti umani segnalano nuovi arresti nei sobborghi
di Damasco, e una colonna di carri armati è stata avvistata mentre si dirige verso
Hama, città al centro del Paese. Dal canto suo il governo siriano minimizza. "Il peggio
è alle spalle", afferma al "New York Times", il portavoce dell’esecutivo siriano,
secondo il quale il governo intende “approfittare di quanto accaduto per fare un passo
in avanti”.