2011-05-10 13:50:18

"Non ci pensiamo due volte a soccorrerli"


Don Stefano Nastasi, parroco di San Gerlando a Lampedusa
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Dopo lo sforzo fatto da militari e cittadini per salvare i profughi del barcone arenatosi sugli scogli domenica scorsa, abbiamo appreso con dolore e amarezza che tre di loro erano morti. Ci eravamo dati da fare durante la notte per aiutare i nostri fratelli. E' un gesto che riassume bene l'atteggiamento degli operatori umanitari e dei cittadini della nostra isola, gente che non ci pensa due volte a tuffarsi per aiutare i migranti in pericolo.
Oggi le istituzioni ci aiutano a soccorrere chi sbarca e ad accelerare i transiti sulla terra ferma, ma manca una risposta concreta da parte del Governo nei confronti di un popolo che rimane testimone unico di un cambiamento epocale nel Mediterraneo. I miei parrocchiani sono sereni, ma non vedono arrivare dallo Stato soluzioni chiare per ovviare ai problemi della nostra comunità. Si parla di progetti a lunga scadenza, ma mancano interventi immediati quali potrebbero essere il blocco dei mutui o aiuti per gestire la stagione estiva.

La nostra impressione da qui è che questi nuovi sbarchi di fratelli provenienti dalla Libia sono una sorta di 'scudo umano' provocato dal conflitto. Noi viviamo sulla nostra pelle il risultato di una sorta di ipocrisia a livello europeo. Molti ci danno la loro solidarietà a livello internazionale, ma poi in concreto si scarica tutto sul territorio dell'isola. Come se si volesse sacrificare idealmente la nostra isola per salvare il resto del continente. Forse sono impressioni esagerate le nostre, ma realmente nel quotidiano è quello che sentiamo. Quella che altri chiamano 'emergenza' noi la sperimentiamo ogni giorno, non da mesi, ma da 20 anni.

Non riusciamo a percepire quale politica europea si sta mettendo in atto di fronte a tutto questo, ma anche a livello italiano vediamo dei ritardi. Noi come Chiesa svolgiamo un'opera di supporto per le organizzazioni umanitarie non governative che aiutano le forze dell'ordine sul territiorio. Vogliamo essere una presenza silenziosa e discreta che sta accanto agli altri. Non siamo qui per criticare, ma per lavorare insieme, come facciamo ormai da mesi. Noi lo facciamo come piccola realtà presente qui a Lampedusa, ma il nostro esempio dovrebbe essere da monito per la Chiesa tutta. Anche negli altri luoghi, dove vengono trasferiti i migranti in partenza da qui, è giusto che la Chiesa si mobiliti e si faccia sentire con una presenza che continui il servizio e l'accompagnamento di questi fratelli.







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