2011-05-09 15:23:18

Tensione in Pakistan per il blitz Usa nel covo di Bin Laden


Dopo la morte di Bin Laden, gli Usa vogliono infliggere il “colpo di grazia” ad Al Qaeda. Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in un’intervista televisiva in cui ha svelato ulteriori retroscena della missione che ha portato all’uccisione del leader di Al Qaeda. Ma il blitz delle forze Usa rischia di scatenare una vera e propria crisi politica in Pakistan, dove l’opposizione chiede le dimissioni del premier Gilani e del presidente Zardari per non aver saputo tutelare la sovranità territoriale. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

La guerra al terrore non si ferma. È questo lo spunto più saliente di oltre 60 minuti di intervista che Obama ha rilasciato alla Cbs, proprio mentre un sito estremista islamico diffondeva l’ultimo messaggio audio di Bin Laden, in cui in cui leader di Al Qaeda ha avvertito “che non ci sarà sicurezza negli Stati Uniti senza la sicurezza in Palestina”. Il presidente americano ha quindi ricostruito molti aspetti dell'attacco al compound, definendolo "una delle sue decisioni più difficili", presa fra una cerchia ristretta di collaboratori della Casa Bianca. Obama respinge inoltre le accuse sul trattamento del corpo di Bin Laden. “Abbiamo avuto più cautele noi del suo corpo – ha sottolineato - di quanto abbia fatto lui con oltre 3000 vittime delle Torri Gemelle”. Da evidenziare, infine, la richiesta di indagini al Pakistan circa la rete di sostegno di cui avrebbe beneficiato lo sceicco del terrore. E proprio su questo punto ad Islamabad in molti rischiano il proprio posto. Il ministro degli Interni pakistano Malik ha infatti ammesso il fallimento dell'intelligence di Islamabad, aggiungendo però che ciò “non significa che queste agenzie hanno protetto i terroristi”. Anche il consigliere alla sicurezza nazionale americano Donilon smorza i toni affermando che “non ci sono prove che il Pakistan sapesse”. Ma a causare maggiore imbarazzo al governo pakistano è la violazione della sovranità territoriale da parte delle truppe Usa. Sempre il ministro dell'Interno Malik ha detto che Islamabad è stata informata del raid “15 minuti dopo l'inizio dell'operazione”. Il premier Gilani interverrà nel tardo pomeriggio davanti al Parlamento per “condividere con la nazione le informazioni” su quanto accaduto ad Abbottabad. In particolare Gilani risponderà a chi ha manifestato obiezioni circa la posizione del governo, chiedendo ai leader attuali di dimettersi.

Proteste mondo arabo
Non accennano a diminuire le manifestazioni nel mondo arabo per chiedere maggiore democrazia, libertà e stato sociale. Ma in molti Stati il potere continua a non accettare il cambiamento e risponde con una sanguinosa repressione contro ogni forma di dissenso. Drammatica la situazione in Siria, dove in numerose città continuano i rastrellamenti casa per casa. Un intero quartiere di Damasco è stato isolato dall’esercito, mentre le città di Homs e Bamias sono strette d’assedio dai carri armati. Il servizio di Stefano Leszczynski:RealAudioMP3

Il vento della rivolta continua a spirare in Siria, dove è in corso una sanguinosa repressione da parte del regime del presidente Assad. I blindati dell’esercito sono penetrati nella notte e alle prime ore dell’alba nel centro di Homs a protezione delle forze di sicurezza che stanno rastrellando gli oppositori casa per casa in almeno tre quartieri della città. In oltre un mese e mezzo di repressione, sono circa 800 i civili uccisi, ma la realtà non può essere verificata dal momento che le autorità siriane hanno espulso dal Paese tutti i giornalisti stranieri. Continuano invece a cadere le bombe della coalizione su Tripoli e le altre roccaforti del regime di Gheddafi, sulla cui sorte aleggia il mistero. Il rais non si mostrerebbe in pubblico da almeno nove giorni. Intanto, Misurata resta la città simbolo del conflitto libico con centinaia di morti e una situazione umanitaria disastrosa. Un clima di forte frustrazione caratterizza invece la Tunisia dove la crisi politica seguita alla cacciata del presidente Ben Ali non ha ancora trovato soluzione. Negli ultimi tre giorni migliaia di persone sono scese in piazza provocando una durissima repressione della polizia, mentre prende sempre più corpo la possibilità che slitti la data delle elezioni per la formazione di un’Assemblea costituente. Oltre 5 mila persone hanno inoltre inscenato una manifestazione a Marrakech, in Marocco, aderendo all'invito del movimento "20 febbraio", che reclama riforme politiche nel Paese, per denunciare l'attentato del 28 aprile scorso che ha causato 17 morti tra i quali 13 turisti. Le proteste proseguono anche in Yemen, dove da mesi l’opposizione chiede le dimissioni del presidente Saleh. Le notizie che arrivano dal Paese riferiscono di un manifestante ucciso dalle forze di sicurezza a Taez, 250 km a sud della capitale Sanaa. Solo il giorno prima due persone erano state uccise nel corso di una manifestazione di insegnanti che reclamavano un migliore trattamento salariale.

Afghanistan
Un kamikaze si è schiantato oggi con la sua motocicletta imbottita di esplosivo davanti ad un edificio amministrativo nella provincia afghana orientale di Laghman, provocando la morte di cinque persone ed il ferimento di una trentina, fra i quali alcuni soldati della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza. Violenze anche nella provincia sud-orientale di Khost, deve sono stati rivenuti i cadaveri di quattro studenti decapitati dai gruppi integralisti. Intanto, i talebani hanno rilasciato un video sul cittadino canadese rapito in Afghanistan, Colin Rutherford, annunciando che sarà processato presso uno dei loro tribunali. L'accusa ei suoi confronti è quella di spionaggio.

Singapore, elezioni politiche
Il partito da sempre al governo a Singapore, il Pap (Partito d'azione popolare), ha vinto le elezioni per il rinnovo del Parlamento tenutesi ieri nella città Stato, assicurandosi 81 seggi su 87. Il Pap ha ottenuto circa il 60 per cento dei voti, e grazie ai seggi ottenuti si è garantito una maggioranza di due terzi in Parlamento. Nonostante i soli sei seggi ottenuti, alcuni candidati dell'opposizione parlano di “risultato storico”: nelle precedenti elezioni in molti collegi le opposizioni non si erano neanche presentate, mentre questa volta hanno corso per quasi tutti i seggi in palio, in una campagna elettorale più aperta rispetto al passato.

Giappone, nucleare
Il gestore energetico nipponico Chubu Electric Power ha deciso di chiudere temporaneamente la centrale nucleare di Hamaoka, 200 km a sudovest di Tokyo, considerata uno degli impianti atomici a più alto rischio sismico del Paese. La decisione è stata annunciata oggi al termine di una riunione straordinaria dei vertici dell'azienda, che ha così raccolto l'invito del premier nipponico a sospendere le operazioni per potenziare le misure di sicurezza anti catastrofe della centrale. “È un fatto estremamente positivo”, ha commentato il premier, ribadendo che il governo “farà il massimo per evitare rischi di insufficienza energetica nell'area”, che vede tra l'altro la presenza di aziende come Toyota e Suzuki.

Turchia, conferenza Onu-Paesi meno sviluppati
L'Unione Europea “resta impegnata ad accrescere gli aiuti per i Paesi meno sviluppati, raggiungendo l'obiettivo dello 0,7% del Pil entro il 2015”. Lo ha assicurato il presidente della Commissione Europea Barroso, intervenuto stamani a Istanbul all’apertura della quarta Conferenza delle Nazioni Unite sui Paesi meno sviluppati. Per raggiungere questo obiettivo, Barroso ha rivolto un appello “a tutti i Paesi, anche alle economie emergenti, perchè garantiscano la propria quota di aiuti”.

Albania, elezioni locali
Mentre è ancora in corso lo spoglio delle schede elettorali, i socialisti rivendicano la vittoria nelle elezioni locali in Albania, facendo appello al premier Berisha perché riconosca la sconfitta. A Tirana i primi dati danno in testa il sindaco uscente, il socialista Edi Rama, con il 52% dei voti. Nel voto sono in ballo i sindaci di tutte le municipalità ed i comuni albanesi, ma l’esito finale potrebbe incidere anche sulle sorti politiche del Paese. Il premier Berisha ha ribadito che riconoscerà i risultati delle elezioni amministrative “quali che siano”.

Ecuador, referendum
Si delinea una vittoria netta dei “sì” nel referendum indetto in Ecuador sulle riforme proposte dal governo socialista. Il presidente Rafael Correa ha preannunciato “grandi cambiamenti” sulla scia del successo scaturito dalle urne. I “sì” infatti, secondo risultati quasi definitivi, hanno prevalso per tutti i 10 quesiti posti agli oltre 11 milioni di votanti. Il presidente Correa esce rafforzato dalla consultazione, aumentando le possibilità di riconferma nelle elezioni presidenziali del 2013.

Perù
Con l’approssimarsi del ballottaggio alle elezioni presidenziali, in programma per il 5 giugno, in Perù si preannuncia un testa a testa tra la candidata Keiko Fujimori e Ollanta Humala. Secondo gli ultimi sondaggi la Fujimori si attesta al 41% delle preferenze, scalzando dal primo posto il suo rivale Humala fermo al 39%.

Guinea
Si tengono a fine novembre le attese legislative che dovrebbero consentire di concludere il periodo di transizione militare: lo ha annunciato il commissario europeo allo Sviluppo, Andris Piebalgs, al termine di un colloquio a Conakry con il presidente eletto lo scorso novembre, Alpha Condé. Il processo elettorale è al centro di tensioni tra maggioranza e opposizione sia sulla data che sull’eventuale censimento da svolgere prima. Per organizzare il voto, Bruxelles ha sbloccato un finanziamento di cinque milioni di Euro. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Gabriele Papini)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 129







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