Festa dei Popoli a Roma dedicata all'incontro con i migranti della capitale
Si è rinnovata ieri in Piazza San Giovanni in Laterano a Roma, l’annuale appuntamento
con la Festa dei Popoli giunta alla sua XX edizione. Una festa della Chiesa e della
città, dedicata al popolo dei migranti che vive nella capitale contribuendo alla crescita
della comunità, a dimostrazione che la condivisione della vita è possibile. Cuore
della giornata, dal titolo “Una festa senza confini”, la Messa, presieduta da mons.
Mariano Crociata, segretario generale della Cei. All’organizzatore, padre Gaetano
Saracino, scalabriniano, Gabriella Ceraso ha chiesto com’è mutata la festa alla luce
anche di quanto sta accadendo nel Nord Africa:
R. – Si è andati dalla pura
accoglienza degli anni ’90 ad un cammino di integrazione e di appartenenza ai nostri
giorni. Oggi siamo sottoposti a fatti di cronaca che sulla materia della mobilità
richiamano l’attenzione dei più e fanno percepire il fenomeno in un certo modo. Allora
la Festa dei popoli ha anche maggiori responsabilità. Che strada vuole indicare? Una
mano tesa alle Nazioni da cui queste persone provengono ma anche un cammino di integrazione
necessario per quelli che sono arrivati, mantenendo l’impegno e l’obbligo sia umanitario
sia della condivisione, ma anche cercando di mettere in pratica politiche che tengano
conto che la mobilità umana è ormai irreversibile e combatterla con le ideologie non
serve.
D. – Vent’anni sono anche l’occasione per guardare al futuro.
Lei che cosa augura a questa Festa?
R. – Per i prossimi anni si guarda
con grande interesse alle seconde generazioni. Che cosa ci diranno questi ragazzi
che troppo spesso molto in fretta vogliono tranciare il cordone ombelicale con i loro
genitori che sono qui entrando in una fase anche di ibrido dove non sono né l’uno
né l’altro? Bisogna curare queste generazioni. L’altro messaggio è che l’immigrazione
è qualcosa che da Abramo ai nostri giorni non si è mai fermata e guai a chi dice che
essa è un fenomeno passeggero. Forse fino ad oggi ci siamo un po’ coperti gli occhi
per non vederla: se invece proviamo a vederla non la gestiremo soltanto come un’emergenza
ma come qualcosa che accompagna l’uomo da quando è nato fino a quando resterà sulla
terra. (bf)