Sud Corea. I rifugiati dal Nord, missionari di speranza
I rifugiati dalla Corea del Nord verso il Sud “aumentano di numero, anche perché le
condizioni di vita nel loro Paese sono terribili. Ma non sono, come molti pensano,
un problema: sono, anzi, una risorsa incredibile per tutta la Corea”. Il vescovo di
Daejeon e presidente della Commissione episcopale per la cura pastorale dei migranti
e dei rifugiati, mons. Lazzaro You Heung-sik, racconta ad AsiaNews che nel Paese il
numero dei rifugiati provenienti dal Nord è in aumento, anche a causa dell’aggravarsi
della crisi economica e sociale. Nella provincia di Pyongan, nella Corea del Nord,
ad esempio, cresce il numero dei campi di lavoro forzati, dove la popolazione è costretta
a lavorare fino allo stremo. E’ per questo che un numero crescente di nordcoreani
tenta di fuggire dal Paese. Sono in molti – racconta il presule – a dirigersi prima
vero la Cina, da dove dopo circa un anno tentano di entrare in Sud Corea, nonostante
una parte della popolazione sudcoreana sia a loro ostile. Con dispiacere mons. You
Heung-sik racconta dell’emarginazione che subiscono molti rifugiati nordcoreani, soprattutto
i cosiddetti “saeteomin”, che arrivano dalla parte nord del confine: “È triste dirlo,
ma molti sudcoreani li guardano con sospetto e li relegano nelle fasce basse della
popolazione: cosa ancora più triste se si pensa che queste persone vengono da esperienze
terribili. La Chiesa, invece, si occupa di loro con ogni mezzo a disposizione: non
sono né immigrati né rifugiati, sono nostri fratelli”. Le loro storie, continua mons.
You, “sono spesso terribili. Vengono da privazioni e violenze, e per superare il confine
hanno speso tutto il loro denaro. È per questo che nei nostri centri di prima accoglienza,
soprattutto nella zona di Seoul e in quella nei pressi del confine, noi non chiediamo
loro nulla. Li accogliamo, li curiamo se serve e poi ci impegniamo per dar loro un’occupazione
in Corea del Sud”. Nei confronti dei rifugiati il presule invita tutti ad avere un
comportamento improntato alla carità e all’amore fraterno, alla luce dell’insegnamento
di Gesù: “Si deve praticare il rispetto e la carità il più possibile anche perché
parlando dei rifugiati, parliamo del nostro futuro. Non si può pensare che chi viene
da noi sia soltanto un ospite, desiderato o meno: è parte integrante della nostra
vita”. L’accoglienza ai rifugiati produce poi anche frutti spirituali: “Moltissimi
di loro si convertono al cristianesimo (…) ma vogliamo che, se una persona sceglie
la Chiesa di Cristo, lo faccia con coscienza e serenità”. In ogni caso, sottolinea
infine il vescovo, “i saeteomin sono il futuro della nostra missione. Quando Dio vorrà
le due Coree saranno riunificate e noi, grazie a loro, potremo aiutare meglio i nostri
fratelli del Nord nell’evangelizzazione e nella ricostruzione della loro società”.
(C.D.L.)