2011-05-08 14:27:20

Sud Corea. I rifugiati dal Nord, missionari di speranza


I rifugiati dalla Corea del Nord verso il Sud “aumentano di numero, anche perché le condizioni di vita nel loro Paese sono terribili. Ma non sono, come molti pensano, un problema: sono, anzi, una risorsa incredibile per tutta la Corea”. Il vescovo di Daejeon e presidente della Commissione episcopale per la cura pastorale dei migranti e dei rifugiati, mons. Lazzaro You Heung-sik, racconta ad AsiaNews che nel Paese il numero dei rifugiati provenienti dal Nord è in aumento, anche a causa dell’aggravarsi della crisi economica e sociale. Nella provincia di Pyongan, nella Corea del Nord, ad esempio, cresce il numero dei campi di lavoro forzati, dove la popolazione è costretta a lavorare fino allo stremo. E’ per questo che un numero crescente di nordcoreani tenta di fuggire dal Paese. Sono in molti – racconta il presule – a dirigersi prima vero la Cina, da dove dopo circa un anno tentano di entrare in Sud Corea, nonostante una parte della popolazione sudcoreana sia a loro ostile. Con dispiacere mons. You Heung-sik racconta dell’emarginazione che subiscono molti rifugiati nordcoreani, soprattutto i cosiddetti “saeteomin”, che arrivano dalla parte nord del confine: “È triste dirlo, ma molti sudcoreani li guardano con sospetto e li relegano nelle fasce basse della popolazione: cosa ancora più triste se si pensa che queste persone vengono da esperienze terribili. La Chiesa, invece, si occupa di loro con ogni mezzo a disposizione: non sono né immigrati né rifugiati, sono nostri fratelli”. Le loro storie, continua mons. You, “sono spesso terribili. Vengono da privazioni e violenze, e per superare il confine hanno speso tutto il loro denaro. È per questo che nei nostri centri di prima accoglienza, soprattutto nella zona di Seoul e in quella nei pressi del confine, noi non chiediamo loro nulla. Li accogliamo, li curiamo se serve e poi ci impegniamo per dar loro un’occupazione in Corea del Sud”. Nei confronti dei rifugiati il presule invita tutti ad avere un comportamento improntato alla carità e all’amore fraterno, alla luce dell’insegnamento di Gesù: “Si deve praticare il rispetto e la carità il più possibile anche perché parlando dei rifugiati, parliamo del nostro futuro. Non si può pensare che chi viene da noi sia soltanto un ospite, desiderato o meno: è parte integrante della nostra vita”. L’accoglienza ai rifugiati produce poi anche frutti spirituali: “Moltissimi di loro si convertono al cristianesimo (…) ma vogliamo che, se una persona sceglie la Chiesa di Cristo, lo faccia con coscienza e serenità”. In ogni caso, sottolinea infine il vescovo, “i saeteomin sono il futuro della nostra missione. Quando Dio vorrà le due Coree saranno riunificate e noi, grazie a loro, potremo aiutare meglio i nostri fratelli del Nord nell’evangelizzazione e nella ricostruzione della loro società”. (C.D.L.)







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