Il cristiano non crede in qualcosa ma in Qualcuno: così il Papa al concerto offerto
dal presidente Napolitano
“La fede cristiana non dice ‘Io credo in qualcosa’, bensì ‘Io credo in Qualcuno’,
nel Dio che si è rivelato in Gesù”: è quanto ha affermato il Papa ieri sera al termine
del concerto offerto dal presidente italiano Giorgio Napolitano per il sesto anniversario
del Pontificato di Benedetto XVI. L’Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera di Roma,
diretti dai Maestri Jesús López Cobos e Roberto Gabbiani, hanno eseguito il Credo
di Vivaldi e lo Stabat Mater di Rossini, “due sommi musicisti – ha detto il Papa -
di cui l’Italia, che celebra i 150 anni dell’unificazione politica, deve essere fiera”.
Servizio di Francesca Sabatinelli:
(musica)
La
parola Credo ha vari significati ma quando viene pronunciata nel Credo, ossia nella
professione di fede della Chiesa, ne assume uno più profondo. E Benedetto XVI lo ha
spiegato al termine del concerto. Credo, ha detto, afferma con fiducia il senso vero
della realtà che ci sostiene, significa accogliere questo senso come il solido terreno
su cui possiamo stare senza timore. La parola Amen, quella che conclude il Credo di
Vivaldi, riprende lo stesso concetto, spiega il Papa, il fiducioso poggiare sulla
base solida, Dio. Benedetto XVI si è poi soffermato su tre aspetti del brano di Vivaldi:
“Vivaldi
vuole esprimere il ‘noi’ della fede. Il ‘Credo’ è il ‘noi’ della Chiesa che canta,
nello spazio e nel tempo, come comunità di credenti, la sua fede; il ‘mio’ affermare
‘credo’ è inserito nel ‘noi’ della comunità. Poi vorrei rilevare i due splendidi quadri
centrali: Et incarnatus est e Crucifixus. Vivaldi si sofferma, come era prassi, sul
momento in cui il Dio che sembrava lontano si fa vicino, si incarna e dona se stesso
sulla Croce. Qui il ripetersi delle parole, le modulazioni continue rendono il senso
profondo dello stupore di fronte a questo Mistero e ci invitano alla meditazione,
alla preghiera”.
Lo Stabat Mater ha proseguito il Papa parlando
del capolavoro di Rossini, è una grande meditazione sul mistero della morte di Gesù
e sul dolore profondo di Maria:
“Quella di Rossini è una religiosità
che esprime una ricca gamma di sentimenti di fronte ai misteri di Cristo, con una
forte tensione emotiva. Ma penso che due vere perle di quest’opera siano i due brani
‘a cappella’, l’Eja mater fons amoris e il Quando corpus morietur. Qui il Maestro
torna alla lezione della grande polifonia, con un’intensità emotiva che diventa preghiera
accorata: ‘Quando il mio corpo morirà, fa’ che all’anima sia data la gloria del Paradiso’”.
Prima
del concerto, il presidente Napolitano nel suo saluto aveva parlato della vicinanza
tra Italia e Vaticano, messa in luce dal Papa nel giudizio storico formulato in occasione
dei 150 anni di unità nazionale. Napolitano ha ricordato con emozione di aver condiviso
la profonda coralità nel memorabile evento della Beatificazione di Giovanni Paolo
II, e facendo poi riferimento all’immigrazione ha lanciato un monito all’Unione Europea
a non chiudersi nel suo benessere, ricordando come la voce del Papa di fronte ai fatti
in Nord Africa e in Medio Oriente, si sia levata indicando a tutto il mondo i principi
dell’accoglienza e della solidarietà, in nome della pace e della dignità umana, perché
crescano nel mondo la giustizia e il rispetto dei diritti, non da ultimo quello della
libertà religiosa.