Costa d’Avorio: gli sfollati stanno rientrando a casa, ma la loro situazione rimane
a rischio
“Gli sfollati stanno progressivamente ritornando nelle loro case. Diversi centri di
accoglienza si stanno infatti sfoltendo” dice all’Agenzia Fides Jean Djoman, Direttore
dello sviluppo e della promozione umana di Caritas Costa d’Avorio, da Abidjan, dove
le Forze Repubblicane (fedeli al nuovo Presidente Alassane Ouattara) hanno preso il
controllo del quartiere di Yopougon, l’ultimo bastione ancora in mano agli uomini
di Laurent Gbagbo, il deposto Capo di Stato, arrestato l’11 aprile. “Da ieri a Yopougon
la situazione si sta stabilizzando. Secondo fonti militari, Yopougon è ormai sotto
il controllo delle Forze Repubblicane che sono riuscite a prevalere sui combattenti
che resistevano” dice Djoman. Secondo fonti militari, i miliziani pro Gbagbo avrebbero
ricevuto appoggi da parte di mercenari liberiani e di altre nazionalità. “Non abbiamo
prove per confermare o smentire queste informazioni” dice il responsabile della Caritas.
“Daltronde è pur vero che nell’ovest della Costa d’Avorio, al confine con la Liberia,
esiste un’area infestata da mercenari provenienti dalla Liberia e da altri Paesi.
Queste persone provengono dai movimenti armati che si sono combattuti nella guerra
in Liberia (terminata nel 2003) e che ora controllano questa zona di frontiera tra
i due Paesi, che sfugge al controllo delle forze regolari, sia liberiane sia ivoriane.
È una ‘no man land’ che è una riserva di mercenari a disposizione del migliore offerente.
Si tratta di una minaccia considerevole per la stabilità dell’Africa occidentale.
Occorre trovare una soluzione a questa situazione”. Un altro quartiere di Abidjan
a rischio è Abobo, che era invece il bastione di Ibrahim Coulibaly (detto IB), il
capo del cosiddetto “commando invisibile,” schierato contro Gbagbo, ma che era in
rotta di collisione con il Primo Ministro di Ouattara, Soro. “Dopo l’uccisione di
Coulibaly, buona parte dei partigiani di IB si è schierata con le Forze Repubblicane,
mentre continuano le operazioni di disarmo di questi uomini. La pacificazione di questo
quartiere durerà comunque alcune settimane, così come in altri quartieri di Abidjan
dove si è combattuto, perché il processo di raccolta delle armi è ancora lungo” afferma
Djoman. Secondo l’esponente della Caritas “ad Abidjan vi sono ancora delle parrocchie
dove sono accolti degli sfollati, anche se la maggior parte di loro era stata ospitata
da amici e familiari. Anche in questo caso le strutture della Chiesa (parrocchie e
comunità religiose) hanno offerto assistenza. Anche se gli sfollati stanno rientrando
nelle proprie abitazioni, occorre tuttavia sottolineare che la situazione di queste
persone resta preoccupante, perché molte di loro hanno perduto il lavoro o hanno avuto
la casa devastata e non hanno le risorse per far fronte ai loro bisogni vitali (alimentazione,
cure mediche, ecc…)”. Prosegue Djoman: “Come Caritas ci siamo dati il compito di continuare
ad assistere gli sfollati anche dopo il loro ritorno nei luoghi di origine, perché
queste persone continuano a rivolgersi alle strutture della Chiesa per un’assistenza
materiale ma anche psicologia e spirituale; molte di loro sono traumatizzate e cercano
il conforto dei sacerdoti. Vi sono inoltre donne incinte che hanno bisogno di un’assistenza
particolare. La Caritas ha avviato un programma di interventi sia nell’ovest del Paese
sia ad Abidjan, che prevede assistenza alimentare, sanitaria, educativa e la protezione
di donne e bambini” conclude l’esponente della Caritas.