Nelle sale il "Thor" di Branagh, eroe tra mitologia e suggestioni bibliche
Un nuovo supereroe dei fumetti è arrivato sugli schermi italiana: Thor, il dio vichingo
che combatte l’ipocrisia e l’arroganza del potere. Il film porta la firma di Kenneth
Branagh, autorevole attore shakespeariano che guarda al mito e all’avventura con elegante
ironia e alcuni interessanti riferimenti culturali. Il servizio di Luca Pellegrini:
Non pensate
che sia soltanto una storia di supereroi sospesa tra due mondi: quello degli dei vichinghi
Asgard e quello dei terrestri ignari e sempre vulnerabili. Se un regista raffinato
come Kenneth Branagh, che ha alle spalle splendide traduzioni cinematografiche di
alcuni drammi e commedie di Shakespeare, ha deciso di impegnare tutto il suo entusiasmo
e il suo talento nel portare “Thor” - fumetto Marvel di enorme successo - sugli schermi,
significa che oltre agli effetti speciali ha trovato nelle avventure del biondo dio
vichingo qualche cosa di più culturalmente valido e interessante:
R.
– You know, just it’s rich in... E’ semplicemente ricco di metafore, suppongo:
Asgard è una sorta di giardino dell’Eden e Thor, giovane uomo o il simbolo di un certo
tipo di uomo, è scacciato. E proprio il linguaggio di essere scacciato da una sorta
di Paradiso è tipicamente biblico, così come lo è la rivalità tra i fratelli Caino
ed Abele. Certamente queste storie riducono il comportamento umano a favole e rappresentano
in maniera concentrata gli istinti basilari degli esseri umani: la gelosia, l’ambizione,
l’arroganza. Ci ha permesso di trovare in Thor un’economia necessaria in un film tratto
da un fumetto. Se si vuole raggiungere la profondità, si deve fare velocemente. Bisogna
catturare l’attenzione delle persone con qualcosa che le colleghi a elementi culturali
già presenti, come la Bibbia, come il mondo mitologico, che nella nostra cultura possono
essere presenti sia pure in maniera inconscia.
D. - Lei ha anche portato
sugli schermi una fantasiosa e coinvolgente trasposizione del “Flauto magico” mozartiano.
Ripeterebbe l’esperienza del melodramma su un vero palcoscenico?
R.
– I haven’t found the Opera that ... Non ho trovato un’opera alla quale
avrei potuto aggiungere qualcosa sul palcoscenico, nulla che mi lasciasse pensare
che potessi farla in maniera diversa, migliore o speciale. Ma io ho fatto tesoro dell’esperienza
del "Flauto Magico". Infatti, in un certo senso, vedo Tamino, il braccio sollevato
che tiene il flauto, attraversare le prove del fuoco e dell’acqua, e così ho cominciato
a trovare il mio Thor, con il martello al posto del flauto…(ap)