Mons. Vegliò in visita in Australia: ogni uomo ha il diritto di rimanere nel proprio
Paese ma anche di emigrare
Qualsiasi forma di migrazione comporta, inevitabilmente, qualche tipo di sofferenza.
E’ quanto sottolinea l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio
Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, nel discorso che pronuncerà
durante gli incontri con i Cappellani dei migranti e le comunità immigrate, in occasione
della sua visita in programma fino al prossimo 14 maggio in Australia. Il presule
ricorda che nel 1963, Papa Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in Terris ha
riconosciuto il diritto di ogni individuo di rimanere nel proprio Paese. Nel 2004,
nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, anche Giovanni
Paolo II aveva sottolineato che ogni persona ha “il diritto di vivere in pace e dignità
nel proprio Paese”. Ma ci sono momenti e situazioni – ha sottolineato mons. Antonio
Maria Vegliò – in cui è necessario lasciare la propria patria. Anche oggi molte persone
abbandonano le loro case a causa di guerre e violenze.
La Chiesa – aggiunge
il presule ricordando le parole di Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata mondiale
del Migrante e del Rifugiato di quest’anno – riconosce ad ogni uomo anche il diritto
ad emigrare, “nel duplice aspetto di possibilità di uscire dal proprio Paese e possibilità
di entrare in un altro alla ricerca di migliori condizioni di vita”. Al tempo stesso,
gli Stati – si legge ancora nel messaggio – hanno il diritto di regolare i flussi
migratori e di “difendere le proprie frontiere, sempre assicurando il rispetto dovuto
alla dignità di ciascuna persona umana”. “Gli immigrati, inoltre, hanno il dovere
di integrarsi nel Paese di accoglienza, rispettandone le leggi e l’identità nazionale”.
Nel settore delle informazioni, inoltre, è importante fornire ai potenziali migranti
informazioni corrette sulla situazione dei loro Paesi di destinazione, sulle opportunità
e sui pericoli che devono affrontare. Le migrazioni – ha concluso il presidente del
Pontificio Consiglio – sono anche un'opportunità. La mescolanza di culture e religioni
può essere un arricchimento, anche se è in alcuni casi può alimentare tensioni persistenti.
Antidoto a questa tensione è “il dialogo che porta al riconoscimento di valori comuni”.
(A.L.)