Incontro in Vaticano dei bloggers di tutto il mondo. Intervista con il cardinale Ravasi
e Richard Rouse
Promuovere un dialogo tra bloggers e Chiesa: è l’obiettivo del primo incontro in Vaticano
di bloggers provenienti da tutto il mondo, promosso nel pomeriggio di oggi dai Pontifici
Consigli della Cultura e delle Comunicazioni Sociali. La Chiesa, dunque, entra in
dialogo anche con il fenomeno dei blog su internet in cui protagonista è chiunque,
come conferma nell’intervista di Fausta Speranza il cardinale Gianfranco
Ravasi, presidente del dicastero vaticano per la cultura:
R. - Prima
di tutto dobbiamo riconoscere la rilevanza di questo fenomeno, che, come si suol dire,
viene proprio dal basso. Un fenomeno che tende, progressivamente, anche ad interessare
i grandi fenomeni, le grandi interpretazioni culturali, ma che soprattutto tende anche
ad insistere, ad incidere nell’interno dell’orizzonte alto della Chiesa, della fede.
Per questo motivo abbiamo voluto che la blogosfera diventasse in qualche modo una
presenza anche nell’interno della cultura della Santa Sede, all’interno della stessa
esperienza cristiana.
D. - Un tempo, finire nella rete significava finire
‘intrappolati’. Oggi, invece, finire nella rete significa aprire orizzonti molto ampi,
anche se comunque ci sono alcuni limiti: frammentarietà, imprecisione e dispersione.
Non è una sfida da poco, per la Chiesa, che difende da sempre la verità…
R.
- Devo dire che è proprio una delle domande fondamentali che mi vengono rivolte: “Siamo
consapevoli o meno, noi ecclesiastici, che questo mondo dei bloggers è un mondo particolarmente
incandescente, pericoloso, un mondo che ha al suo interno tutti i colori possibili
della fantasia umana ma anche le degenerazioni del pensiero e della cultura umana?”.
Questa domanda è legittima e ne siamo consapevoli. Per questo motivo, vogliamo subito
dichiarare che la selezione che abbiamo fatto, tra le richieste che sono state avanzate,
non vuole essere assolutamente né l’avallo dei contenuti o delle modalità espressive,
né d’altra parte vuole rappresentare una sorta di modello. Sappiamo, però, che da
quest’orizzonte non si può prescindere. Noi abbiamo fatto una scelta, attraverso un
sorteggio, all’interno di queste molteplici richieste che ci sono state rivolte, per
iniziare un dialogo anche con un mondo così fluido, così complesso, un mondo che,
per certi versi, è anche in fibrillazione continua, ma sempre riconoscendo che è necessario
dialogare, interloquire, perché è ormai il linguaggio in cui una platea immensa di
persone dialoga, si incontra e soprattutto cerca, domanda.
D. - Questo
incontro voluto il 2 maggio, in Vaticano, cade il giorno dopo la Beatificazione di
Giovanni Paolo II...
R. - Abbiamo voluto proprio che fosse all’indomani
della Beatificazione non solo perché in questo momento abbiamo, qui a Roma, una presenza
vivacissima e multicolore dei bloggers, ma soprattutto perché pensiamo che idealmente
potremmo quasi mettere questo nostro esperimento proprio sotto il patrocinio di Giovanni
Paolo II. Egli è stata una delle figure che ha percorso tutti gli itinerari possibili
ed immaginabili, non soltanto spaziali ma anche i veri e propri percorsi della cultura
contemporanea della stessa comunicazione. Non ha temuto di mettersi anche in gioco
su questi percorsi, su questi itinerari, ma dall’altra parte ha conservato, forte,
la sua identità. Il nostro compito è proprio quello di riconoscere che esiste un messaggio
e questo messaggio è permanente, è fondante, è un messaggio che usa, anche senza imbarazzo,
la parola ‘verità’. Dall’altra parte, però, è un messaggio che deve essere coniugato
ininterrottamente, formulato, espresso nella molteplicità dei linguaggi. Non dimentichiamo
mai che, proprio all’origine stessa del cristianesimo c’è una figura come Paolo, che
parte dalla roccia di Gerusalemme, dove era fondata la Croce di Cristo ma anche tutta
la tradizione iniziale cristiana e si muove lungo le grandi arterie della comunicazione,
che allora erano le strade consolari romane, entra in Paesi e culture completamente
diverse, tentando appunto di esprimere quel messaggio secondo i colori sempre mutevoli
dell’esperienza della cultura umana.
D. - Siamo anche nel pontificato
del Papa che ha avuto il coraggio della lettera ai cattolici d’Irlanda sui temi difficili
della pedofilia. In questo momento, dunque, è molto forte questo bisogno di coraggio
della Chiesa in tema di comunicazione…
R. - Penso che non sia soltanto
un tentativo che si fa, come è tradizione fare e come sempre si fa ogni volta che
si presentano dei nuovi crocevia. E’ veramente strutturale. La comunicazione è l’atmosfera,
l’ambiente. Noi siamo immersi in un mondo che non è soltanto una rete continua di
comunicazioni attraverso i satelliti, le televisioni, le radio e così via, ma che
respira spontaneamente la comunicazione, che ha scambi continui in questa luce. Credo
che Benedetto XVI, proprio riguardo ad un problema specifico della Chiesa - che ormai
era diventato un soggetto nella piazza informatica della comunicazione -, abbia voluto
affrontarlo in maniera precisa e decisa. (vv)
Del nuovo linguaggio di oggi
Fausta Speranza ha parlato anche con il responsabile del dipartimento comunicazione
e linguaggi del dicastero vaticano della cultura, Richard Rouse:
R.
– Sì, è un linguaggio nuovo, un linguaggio immediato, un linguaggio che qualche volta
sembra troppo informale, qualche volta sembra distante, qualche volta sembra proprio
un’altra lingua e bisogna qualche volta tradurre i nostri concetti mentali. Dobbiamo
imparare questo linguaggio. Dobbiamo esporci lì nel foro pubblico contemporaneo, il
nuovo areopago. Vogliamo un rapporto di amicizia sia sullo schermo ma anche in carne
ed ossa; vogliamo conoscere queste persone che sono i blog che leggiamo. Molti di
noi non scrivono un blog ma leggono un blog. E’ importante anche sapere che dietro
un blog ci sono due persone: il lettore e lo scrittore.
D. – Nell’incontro
che ci sarà oggi pomeriggio con questi bloggers ci sarà anche la presentazione delle
iniziative della Chiesa nel campo dei nuovi media?
R. – Sì, tra i vari
relatori questo pomeriggio avremo non solo padre Lombardi, che ci aiuterà un po’ a
capire in che modo la Chiesa di Roma, il Vaticano, la Santa Sede stanno interagendo
con i bloggers, con i nuovi media, con quella interattività che bisogna avere oggi
nel mondo dei bloggers, ma ci saranno anche persone e rappresentanti della Chiesa
da tutto il mondo. Per esempio, coloro che preparano la Giornata Mondiale della Gioventù
saranno qui a spiegare come i giovani vivono questa nuova comunicazione. Ci sarà anche
chi gestisce siti diocesani, chi gestisce siti parrocchiali, per vivere queste esperienze
e essere on line ma anche per essere una comunità. Nel mondo dell’informatica c’è
questa espressione di dare del tu “informatico”: cioè, con una persona che non ho
mai conosciuto dopo tre righe già ci diamo del tu; questa è anche un’esperienza religiosa
nel senso che noi al Padre Nostro diamo del tu. Qui abbiamo un linguaggio, un’esperienza,
un momento della comunicazione, un gioco della comunicazione che crea un’intimità
che è molto importante anche per la religione.
D. – Dottor Rouse, Chi
sono questi bloggers che hanno aderito in qualche modo a questo incontro in Vaticano?
R.
– Noi abbiamo fatto un lancio, un semplice lancio attraverso alcuni blogger molto
noti dicendo che ci sarebbe stato questo incontro e chi avesse voluto avrebbe potuto
candidarsi per venire. Abbiamo ricevuto più di 750 richieste in due, tre giorni e
abbiamo dovuto chiudere il varco degli ingressi e fare uno smistamento per fare sì
che in qualche modo fosse presente tutta la blogosfera. Ci sono dei siti molto cattolici,
ci sono dei siti atei, ci sono persone da tutto il mondo, dall’Australia fino all’America,
ma anche l’India, i Paesi slavi, la Germania, l’Inghilterra. Tutto il mondo informatico
è rappresentato. Ci sono dei bloggers che scrivono esperienze religiose ma anche il
fatto quotidiano della vita. (bf)