Il postulatore della Causa di Beatificazione: Karol Wojtyla è sempre con noi e
ci protegge dal cielo
La Beatificazione di Giovanni Paolo II, celebrata stamani, è avvenuta nel segno di
Maria e della Divina Misericordia: è quanto sottolinea il postulatore della Causa
di Beatificazione e Canonizzazione di Karol Wojtyla, mons. Slawomir Oder, che
in questa intervista di Alessandro Gisotti mette l’accento sulla scelta di
Benedetto XVI di aver elevato all’onore degli altari il suo predecessore nella Domenica
in Albis e Domenica della Divina Misericordia:
R. – Non
è una coincidenza, non è un caso, ma una scelta ben ponderata e voluta dal Pontefice.
Si tratta di una realtà molto presente nella vita di Giovanni Paolo II, una dimensione
della sua spiritualità, che sicuramente ha caratterizzato sia la sua vita personale
sia la sua attività pastorale. Ma non è l’unico significato, quello di richiamare
la sua morte, “pia morte”, alla vigilia della Divina Misericordia. Il primo maggio
è anche l’inizio del mese mariano. Quindi, senz’altro, insieme alla dimensione della
Divina Misericordia, abbiamo anche la presenza di Maria, che lui ha amato tanto. In
qualche modo questa data conclude e incorona il suo Pontificato, ponendo un sigillo
sul “Totus Tuus”.
D. – In questi anni di grande impegno da parte sua
nella Causa di Beatificazione, lei ha ricevuto tante testimonianze, letto tanti documenti,
c’è qualcosa che l’ha particolarmente colpita?
R. – Quello che veramente
colpisce è la percezione che le persone hanno avuto durante la sua vita e che continuano
ad avere: la percezione della paternità che Giovanni Paolo II incarnava; la paternità
che significa la vicinanza, la presenza, la partecipazione ai sentimenti, alle gioie
e ai dolori, la partecipazione alle vicende delle persone e delle famiglie. Il modo
in cui le persone si rivolgono a Giovanni Paolo II sono legate ad appellativi di familiarità.
Lo chiamano: papà, nonno, fratello, amico, Karol. Tutti appellativi, questi, che esprimono
la costante presenza di Giovanni Paolo II nei cuori e nelle case delle persone.
D.
– Sono passati sei anni dalla morte, ma il Beato Karol Wojtyla sembra che non ci abbia
mai lasciato! Questo, in fondo, è proprio un segno di Santità...
R.
– La constatazione della Santità, la prova della Santità, parte dalla constatazione
della presenza nel popolo di Dio della fama di Santità, e questa fama di Santità è
“esplosa” così visibilmente, in modo così tangibile, nei giorni della sua malattia,
della sua morte, del suo funerale, quando è diventato addirittura il grido “Santo
subito”. Ecco, questa convinzione continua ad esistere nella Chiesa. A testimonianza
di questa realtà, ci sono innumerevoli pellegrinaggi che ogni giorno visitano la tomba
di Giovanni Paolo II. Lui è rimasto con noi, lui è rimasto come un buon amico che
vigila, intercede, che protegge e prega per noi.
D. – Non si contano
i libri scritti su Giovanni Paolo II come Pontefice. Cosa aggiunge alla figura, all’uomo
Karol Wojtyla l’elevazione all’onore degli altari?
R. – Guardiamo a
Giovanni Paolo II come l’uomo compiuto, che ha vissuto pienamente la sua umanità e
la sua umanità ha coinciso con la sua Santità. Karol Wojtyla è l’uomo felice, realizzato,
l’uomo che ha creduto alla Parola del Signore e, secondo la Parola del Vangelo, ha
lasciato tutto per ricevere il centuplo.
D. – Dopo la Beatificazione
la causa continua evidentemente verso la Canonizzazione. In che modo?
R.
– Per poter arrivare a questo momento è necessario un nuovo segno dall’alto, una voce
di Dio che ci spinga a proclamare Giovanni Paolo II Santo. Il compito del postulatore,
perciò, adesso, è quello di vigilare per poter rendersi conto e presentare alla Chiesa
un caso che potrebbe essere riconosciuto come un miracolo attribuito ad intercessione
di Giovanni Paolo II e, in questo modo, creare le premesse per la Canonizzazione.
(ap)