Nuovi sbarchi a Lampedusa: 2000 immigrati nell'isola
“Per noi l’accoglienza rimane una priorità, ma è necessario che il governo e l’Unione
Europea affrontino la questione immigrazione in maniera più ampia”. Così don Stefano
Nastasi parroco di Lampedusa commenta gli ultimi approdi sulle coste dell’isola.
Attualmente sono presenti sulla terra ferma circa 2000 migranti. 700 libici sono stati
imbarcati sul traghetto "Flaminia" per essere trasportati altrove, mentre un vecchio
peschereccio con circa 600 immigrati a bordo, avvistato a dieci miglia dalla costa,
giungerà nel pomeriggio sull’isola. Intanto però le condizioni meteo stanno rapidamente
peggiorando. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso don Stefano:
R. - La situazione
apparentemente è molto più calma rispetto ai giorni passati. C’è stato un decongestionamento
del caos delle settimane passate. Ora va mutando un po’ la fisionomia dei volti dei
migranti perché se in un primo momento erano per la maggior parte tunisini ora sono
per lo più profughi provenienti dalla Libia e di nazionalità tutte diverse l’una dall’altra,
da diversi Paesi dall’Africa, addirittura dell’Oriente. Sono uomini e donne sfiniti
da giorni di viaggio.
D. – Don Stefano, normalmente oggi i migranti
non rimangono più per molto tempo nel centro di accoglienza dell’isola…
R.
– Di norma ripartono con le navi che sono appositamente venute qui per il trasferimento
in altri luoghi. E’ una prassi che deve avere la meglio per un semplice motivo: nell’arco
di qualche ora c’è sempre un approdo nuovo.
D. – Dunque, appena il mare
si calma riprendono comunque gli arrivi?
R. – Un flusso quotidiano che
sicuramente è molto più regolare rispetto a prima a livello di servizio e a livello
di soccorso perché ci sono più forze a livello umanitario presenti sull’isola e questo
permette meglio sia il primo approdo sia il trasferimento. La vita all’interno dell’isola
è tranquilla.
D. - Voi siete stati in udienza generale dal Papa mercoledì
avete portato una croce realizzata con il legno dei barconi…
R. – Sicuramente
era il regalo più povero che ha ricevuto il Papa quel giorno, ne abbiamo la piena
consapevolezza. Ma per altri versi era quello più significativo perché nel presentare
questo segno ho detto al Papa che quella croce riassume per noi la sofferenza sia
del nostro popolo sia dei popoli che transitano sul territorio dell’isola e un po’
racchiude quello che è il dramma del Mediterraneo allo stato attuale perché racconta
le speranze, le lacrime, di tanti uomini e donne che cercano un futuro migliore.
D.
- Il Papa ha espresso gratitudine per l’accoglienza che avete messo in atto e ha parlato
di una comunità cristiana viva…
R. - Questo ci ha commosso e nello stesso
tempo ci dà anche forza perché non siamo soli, abbiamo la consapevolezza di avere
il sostegno di tutta la Chiesa, in questo orizzonte di popoli nuovi che cercano e
bussano alla nostra porta con una speranza che deve essere condivisa.
D.
- Don Stefano qual è dunque il suo auspicio per questa realtà così complessa e così
spesso drammatica…
R. - L’auspicio è di uno sguardo nuovo da parte sia
del governo sia della comunità europea. L’immigrazione è una realtà molto più complessa
di quella che noi abbiamo considerato e sperimentato negli anni passati. Se fingiamo
che il problema non c’è saremo delusi in un secondo momento, ci troveremo sempre in
emergenza. Dobbiamo, invece, affrontarlo con molta più serietà e serenità, dando risposte
più concrete. (bf)