Giappone: solidarietà interreligiosa e speranze nel giorno del lutto dei “49 giorni”
Cristiani e buddisti in Giappone hanno condiviso oggi, nella solidarietà e nell’amore
vicendevole, la ricorrenza dei “49 giorni” dalla tragedia dell’11 marzo scorso, quando
un terremoto e uno tsunami hanno sconvolto la nazione. Secondo le tradizioni buddiste
giapponesi infatti, il “49° giorno dopo la morte”, chiamato “Shiju-kunichi”, è una
ricorrenza significativa perché è il momento in cui lo spirito lascia il corpo del
defunto, per raggiungere uno dei sei regni della cosmologia buddista. Il 49° giorno,
riferiscono all'agenzia Fides i francescani di Tokyo, è un giorno molto commovente.
Se nelle settimane scorse i mass media trasmettevano notizie e film, e in molte aree
della nazione si celebravano le feste di primavera, oggi tutta la nazione ha vissuto
una giornata di lutto. Le feste sono state cancellate, molti uffici e parchi pubblici
sono rimasti chiusi. Nessuno si è recato nei nightclub e nemmeno nei ristoranti e
pochissime erano le persone nella vie dello shopping. I giapponesi, spiega Joseph
Yamada, un laico francescano di Tokyo, “hanno vissuto una giornata volontaria di sacrificio
e rinuncia”, contrariamente al messaggio diramato nei giorni scorsi dalle istituzioni
che, per paura di una contrazione dei consumi, avevano chiesto ai cittadini giapponesi
di vivere normalmente questa ricorrenza, nonostante il difficile periodo, e di non
rinunciare a compere e svaghi. “Anche noi cristiani abbiamo vissuto la nostra volontaria
rinuncia, in una giornata di digiuno, per ricordare le oltre 28mila persone, fra morti
accertati e dispersi, vittime della tragedia dell’11 marzo. I fedeli buddisti nel
49° giorno celebrano l’ultimo funerale per il defunto: come cristiani ci siamo spiritualmente
uniti a loro nella preghiera di suffragio” sottolinea Yamada. Intanto un “grande fermento
di volontariato e di solidarietà percorre la società e crescono i contributi per la
ricostruzione e la riabilitazione delle famiglie nelle aree devastate” riferisce Joseph
Yamada. “La nazione può rialzarsi, come ha fatto 65 anni fa dopo i disastri di Hiroshima
e Nagasaki. Oggi ci colpisce molto l’aiuto che riceviamo dalla Cina e dagli Stati
Uniti. Un amico nel momento del bisogno è un amico per sempre”. Un pensiero particolare,
conclude il laico francescano, “va a quanti stanno offrendo la loro vita per tenere
sotto controllo il reattore di Fukushima”. (R.P.)