La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha bocciato la norma italiana che punisce
con la reclusione gli immigrati irregolari che non si siano conformati ad un ordine
di lasciare il territorio nazionale. La norma - spiegano i giudici europei - è in
contrasto con la direttiva europea sui rimpatri degli immigrati irregolari. Secondo
il presidente del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti, mons. Antonio
Maria Vegliò, la sentenza “dimostra attenzione alla persona umana anche quando si
trova in una situazione irregolare”. Critica Bruxelles invece il ministro degli Interni
italiano Maroni. Sulle motivazioni della Corte Europea, Paolo Ondarza ha intervistato
la prof.ssa Chiara Favilli, docente di diritto dell’Unione Europea alla Lumsa:
R. - La Corte
ha affermato, in maniera chiara, che l’Italia ha violato un obbligo dell’Unione Europea:
l’obbligo, cioè, di attuare la direttiva sull’espulsione dei cittadini dei Paesi terzi
in soggiorno irregolare. La direttiva prevede che quando c’è uno straniero in posizione
irregolare, prima di tutto occorre verificare se lo straniero possa essere allontanato
con una partenza volontaria; dopodiché, se si verifica che questo non è possibile,
allora occorre prevedere delle misure più efficaci, come - ad esempio - l’accompagnamento
immediato oppure la detenzione. Nella normativa italiana non esiste questa gradualità:
nella normativa italiana, lo straniero che è in posizione irregolare è sempre soggetto
ad un provvedimento di accompagnamento coattivo alla frontiera. Questo fa sì che la
normativa italiana sia radicalmente in contrasto con la normativa europea…
D.
– Alla normativa italiana manca la gradualità prevista dall’Europa?
R.
- Manca totalmente la gradualità. Gradualità non significa che l’Unione Europea ci
chieda di utilizzare e di adottare delle misure - come dire - soft, morbide nei confronti
degli stranieri. La normativa europea è tutta finalizzata a creare una “fortezza Europa”
e quindi a far sì che davvero gli allontanamenti siano eseguiti. L’Unione Europea,
quindi, non ci chiede di essere più magnanimi, ci chiede di essere più ragionevoli.
Badate che in Italia, oggi, chi non esegue un ordine di allontanamento è punito: la
prima volta che viene trovato senza aver eseguito un ordine di allontanamento con
una pena detentiva da uno a quattro anni; se poi la persona viene nuovamente trovata,
ha una pena detentiva che va da uno a cinque anni: si tratta di pene molto gravi.
Per l’Unione Europea la persona che è in soggiorno irregolare deve essere espulsa,
ma non deve essere incarcerata.
D. - Professoressa, la legislazione
penale rientra nella competenza degli Stati membri: dunque, a questo punto, l’Italia
come deve comportarsi di fronte a questo pronunciamento della Corte di giustizia dell’Unione
Europea?
R. - Anche quando noi trattiamo di competenze esclusive degli
Stati membri, queste competenze devono sempre rispettare il diritto dell’Unione Europea.
Il legislatore italiano dovrà prendere atto di questa sentenza: da oggi, in attesa
che il governo e che il Parlamento intervengano, i giudici devono disapplicare questi
reati penali connessi all’espulsione ed applicare direttamente questi articoli della
direttiva europea. Può darsi che il governo intervenga con un Decreto Legge per rimediare
a questa situazione, però a questa sentenza e a questi obblighi dell’Unione Europea
non si rimedia con un semplice Decreto Legge di uno o due articoli. Qui è l’intera
normativa sull’allontanamento dello straniero che deve essere riformata. (mg)