Libia: raid della Nato rallentano l'attacco a Misurata. Mons. Martinelli: l'uso della
forza non risolve nulla
Continuano le operazioni militari della Nato in Libia e proseguono anche i bombardamenti
delle forze filogovernative nella zona di Misurata. Il ministero degli Esteri italiano
sottolinea, intanto, che la decisione dell'Italia di partecipare a bombardamenti mirati
in Libia non è il frutto di "rivoluzione o cambiamento di posizione". Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
Raid aerei
della Nato, lanciati nella notte, hanno costretto le forze libiche ad arretrare a
Misurata. Ma questa mattina truppe filogovernative hanno ripreso a bombardare il porto
con missili. Il bombardamento – hanno riferito fonti degli insorti – è ancora in corso.
In Italia, intanto, è sempre più acceso il dibattito sulla decisione dell’Italia di
partecipare ai bombardamenti in Libia. Sono contrari ai raid la Lega, Italia dei Valori
ed alcuni esponenti del Pdl. Il ministro della Difesa italiano, Ignazio La Russa,
sottolinea che in Libia non ci saranno “bombardamenti indiscriminati”. Ci saranno
invece “missioni con missili di precisione su obiettivi specifici” con l'obiettivo
di “evitare ogni rischio di colpire la popolazione civile”. La Nato ha chiesto di
affiancare gli aerei militari dei sette Paesi che effettuano attacchi - Usa, Gran
Bretagna, Francia, Danimarca, Belgio, Canada e Norvegia - per intensificare le incursioni
contro i mezzi terrestri dell'esercito libico. Le forze di Gheddafi, che utilizzano
anche veicoli civili per non diventare facili bersagli, schierano mezzi corazzati
nei centri urbani per rendere più rischiose le incursioni aeree alleate. Per scongiurare
ulteriori drammatiche conseguenze, l’Unione Africana chiede a tutte le parti coinvolte
di evitare azioni, comprese quelle militari, che abbiano come obiettivi ''alti funzionari
libici e infrastrutture socio-economiche ''. In Libia, infine, i capi e i rappresentanti
di 61 tribù, condividendo gli stessi ideali di una Libia ''libera, democratica e unita'',
hanno lanciato un appello perché il colonnello Muammar Gheddafi lasci il potere.
La
via della mediazione, e non quella dei bombardamenti, può promuovere un’autentica
pace in Libia. Diversi Paesi hanno espresso la loro contrarietà ad operazioni militari
nel territorio libico. E’ quanto sottolinea mons. Giovanni Innocenzo Martinelli,
vicario apostolico di Tripoli, intervistato da Amedeo Lomonaco:
R. – Chiaramente,
ci sono dei segni di speranza. Io vedo che qualcosa si muove nel desiderio della pace,
oltre a quello che potrebbero fare ancora di più altri Paesi che si sono pronunciati
contro la guerra. Non so perché questi Paesi non facciano notizia. Fanno notizia,
invece, quelli che partecipano alla guerra. Invece ci sono Paesi che vogliono in qualche
modo lavorare per un dialogo possibile. Io credo che sia questa la via giusta perché
l'uso della forza non produce niente.
D. – Come giudicare, invece,
la decisione dell’Italia di partecipare ai bombardamenti nella missione della Nato
in Libia?
R. - Questa è una contraddizione in termini perché io penso
che il popolo libico e le persone che ho incontrato si sentano tradite: tradite da
un’amicizia, tradite da una collaborazione, tradite per un lavoro che è stato fatto.
Adesso è incomprensibile come addirittura si vogliano lanciare le bombe “mirate”.
Ma cosa vuol dire questo “mirate”? “Mirate” a che cosa?
D. – Dunque
arrivare alla pace non attraverso bombardamenti mirati ma attraverso parole mirate,
attraverso la mediazione delle tribù locali, della Lega Araba …
R. –
E’ proprio questo che non si arriva a capire. La nostra società libica ha veramente
delle mediazioni e delle forze che non si conoscono, come la mediazione della famiglia,
delle persone anziane, delle persone che danno e hanno un prestigio nella comunità
e nella società. Queste sono le persone che ci possono assicurare una transizione
valida e accettata da tutti.
D. – E la Libia continua a vivere giorni
di passione, continuano i bombardamenti ma in questi momenti drammatici si può scorgere
anche la luce di un’autentica Pasqua …
R. – Anche in Libia, soprattutto
attraverso la comunità cristiana che proprio nei giorni di Pasqua si è riunita nel
Triduo Pasquale. E’ stata veramente una gioia. La Pasqua deve poter certamente aiutarci
ad amare tutti, aiutarci a superare questi scogli, deve aiutarci soprattutto a sperare.
Ed io spero.
Il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano,
avallando la decisione del governo di dare il via ai raid aerei sulla Libia, ha dichiarato
che partecipare ai bombardamenti nell’ambito della missione della Nato è il naturale
sviluppo della scelta compiuta dall’Italia a marzo. Ma la missione italiana in Libia
è conforme alla risoluzione 1973 dell’Onu ed è costituzionalmente corretta? Francesca
Sabatinelli lo ha chiesto a Natalino Ronzitto, docente di diritto internazionale
dell’Università Luiss-Guido Carlo di Roma:
R. – Questi
raid avvengono finora nel quadro della risoluzione 1973: bisogna impedire che le truppe
di Gheddafi facciano dei bombardamenti nei confronti dei civili, che sono asserragliati
in alcune città, oppure della popolazione civile in Cirenaica. Quindi, ci sono dei
limiti a questi bombardamenti. Questo è quello che dice la 1973.
D.
– Fanno presente, alcuni contrari a questa scelta, che in sede di Parlamento non si
è mai esplicitamente parlato di bombardamenti...
R. – Qua bisogna essere
chiari: queste azioni sono innanzitutto responsabilità dell’Esecutivo. Non c’è nessuna
violazione, a mio avviso, dell’art. 11 della Costituzione, che vieta la guerra di
aggressione e qui non si tratta di aggressione, si tratta di un’azione che è stata
autorizzata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Per quanto riguarda l’autorizzazione
parlamentare, la nostra Costituzione parla di guerra, ma non siamo in guerra: sono
azioni che hanno un’intensità di gran lunga minore della guerra, senza un uso macroscopico
della forza.
D. – A suo avviso, questa nuova mossa della comunità internazionale
servirà a fermare questo dramma che si sta consumando in Libia?
R. –
Questo è difficile dirlo. Come si suole dire, quando si usa la violenza bellica, si
sa quando si inizia e non si sa quando si finisce. Gheddafi finora si è dimostrato
un avversario molto tenace.(ap)