Chernobyl 25 anni dopo, tra commemorazioni e proteste antinucleare
In Ucraina si svolgono oggi le commemorazioni per il 25.mo anniversario del disastro
nucleare di Chernobyl, che alle ore 1:23 del 26 aprile 1986 causò migliaia di morti,
quattromila secondo le Nazioni Unite. Le nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa
e la costa orientale del nord America. Numerose oggi le manifestazioni antinucleare
in tutto il mondo. Intanto, a 25 anni di distanza preoccupa ancora lo stato del reattore
che causò l’incidente. Sui rischi ancora persistenti, Paolo Ondarza ha sentito
Silvia Trini Castelli, ricercatrice dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera
e del Clima del Consiglio nazionale delle ricerche:
R. - Quello
che si può dire di oggi è che sicuramente ci sono ancora delle radiazioni, che rimangono
e permangono nell’atmosfera e che sono legate sostanzialmente al Cesio 137, che ha
una vita di dimezzamento di 30 anni. Quindi, è probabile che ci siano ancora tracce
in giro per l’atmosfera. Per quanto riguarda altri radioisotopi, tipo il Iodio 131
che decade molto rapidamente - in circa otto giorno - le tracce sono sicuramente smaltite.
D.
- Per quanto riguarda queste sostanze che ancora permangono nell’aria, qual è il rischio
per la salute dell’uomo?
R. - Queste sostanze interagiscono con gli
organismi, andando ad intaccare le informazioni del Dna e, quindi, possono sostanzialmente
indurre forme tumorali, ma non è certo…
D. - Però diciamo che sono potenzialmente
nocive…
R. - Certo, sono nocive. Diciamo che a distanza di 25 anni sono
molto diluite, si sono molto depositate e quindi saranno ancora presenti nell’ambiente,
ma ritengo che la dannosità sia molto ridotta.
D. - Il raggio di azione
di queste sostanze fin dove potrebbe arrivare?
R. - Nel caso di Chernobyl,
c’è stata un’esplosione molto forte, che scoperchiò anche la parte del reattore che
copriva il nocciolo, e quindi le sostanze sono state emesse molto in alto nell'atmosfera:
avranno raggiunto i 1.500-2.000-2.500 metri circolando con venti molto forti in quota.
Di conseguenza, si sono siffuse anche in Europa. Per esempio, al confronto l’incidente
verificatosi a Fukushima è per il momento molto più locale: anche se la nube è arrivata
anche in Europa, si tratta di valori estremamente bassi e non nocivi per la salute.
D. - E’ azzardato un paragone tra le due tragedie?
R.
- Sì. Diciamo che, sicuramente, l’impatto da un punto di vista ambientale e della
salute è forte in ambedue i casi. Le differenze sono anzitutto nella dinamica dell’incidente,
che è stata molto diversa: mentre Chernobyl ha portato conseguenze a distanze transfrontaliere
piuttosto grande, non è la stessa cosa per il momento per Fukushima. Lì l’impatto
più forte sarà nelle acque e nell’atmosfera nei dintorni della centrale.
D.
- A ogni anniversario di Chernobyl si riaccende il dibattito sul nucleare, già infuocato
quest’anno dalla recente tragedia giapponese. Ma tragedie come queste possono essere
degli elementi validi per dire “sì” o “no” all’atomo?
R. - Diciamo che
questi incidenti suonano come campanelli d’allarme, ma per fortuna non se ne sono
verificati numerosi. Io credo che per decidere se proseguire con il nucleare - che
comunque e sicuramente è una fonte di energia molto produttiva e molto efficace -
bisogna porsi tante altre domande che riguardano la costruzione in sicurezza delle
centrali, lo smaltimento delle scorie e quindi molti altri aspetti che non riguardano
esclusivamente la protezione in caso di incidente. Nel caso di Chernobyl, per esempio,
l’incidente è successo perché stavano facendo degli esperimenti per riutilizzare il
calore delle turbine che veniva prodotto e avevano spento i sistemi di sicurezza e
quindi quando si è innescato l’incidente non sono stati in grado di tenerlo sotto
controllo. Nel caso di Fukushima, invece, è successo di tutto e di più: la centrale
era stata testata per un certo grado di evento sismico, ma si è verificato un evento
al di là di ogni previsioni e quindi è andata fuori controllo per questo motivo. Gli
incidenti sono eventi sperabilmente rari. (mg)