Via Crucis al Colosseo. Il Papa: la Croce è il segno luminoso dell'amore di Dio
“La croce non è il segno della vittoria della morte, del peccato, del male, ma è il
segno luminoso … della vastità dell’amore di Dio”: ha rotto con queste parole Benedetto
XVI il silenzio nel quale si sono raccolti le migliaia di fedeli che ieri sera hanno
preso parte a Roma alla Via Crucis al Colosseo. Portando nella croce “il peso del
peccato e del male”, Cristo, ha sottolineato il Papa, ha mostrato che in ogni situazione
Dio è capace di vincere la morte. Il servizio di Tiziana Campisi:
Meditare
la Passione immerge nel silenzio della croce e della morte e innalzato sul Golgota
Gesù sembra mostrare una sconfitta. Ma l’invito di Benedetto XVI è ad avere uno sguardo
più profondo:
“La croce non è il segno della vittoria della morte,
del peccato, del male, ma è il segno luminoso dell’amore, anzi della vastità dell’amore
di Dio, di ciò che non avremmo mai potuto chiedere, immaginare o sperare”.
La
luce di Cristo che squarcia le tenebre della morte il Papa l’ha lasciata intravedere
sin dalla preghiera che ha aperto la Via Crucis evidenziando che:
“Quando
le varie maschere della menzogna deridono la verità e le lusinghe del successo soffocano
l’intimo richiamo dell’onestà; quando il vuoto di senso e di valori annulla l’opera
educativa e il disordine del cuore sfregia l’ingenuità dei piccoli e dei deboli …
in quest’ora s’insinua la tentazione della fuga, il sentimento dello sgomento e dell’angoscia”.
Ma
le parole di vita eterna di Gesù sono come un raggio che rischiara l’ora della prova,
l’ora della passione della Chiesa e dell’umanità intera, e la croce, ha proseguito
il Papa, non è segno della “sconfitta definitiva … di colui che aveva parlato della
forza del perdono e della misericordia, che aveva invitato a credere nell’amore infinito
di Dio per ogni persona umana”:
“La croce ci parla dell’amore supremo
di Dio e ci invita a rinnovare oggi la nostra fede nella potenza di questo amore,
a credere che in ogni situazione della nostra vita, della storia, del mondo, Dio è
capace di vincere la morte, il peccato, il male e di donarci una vita nuova, risorta.
Nella morte in Croce del Figlio di Dio c’è il germe di una nuova speranza di vita,
come il chicco che muore dentro la terra”.
Nella notte che ha ricordato
l’ora della prova di Cristo, la lettura di brevi pensieri come premessa alle meditazioni
affidata a due bambini, ha richiamato “alla semplicità dei piccoli che sanno cogliere
il cuore della realtà”, perché ciascuno riesca a vedere, nell’esperienza di Gesù,
il cammino della verità e della vita.
(II stazione) Bambino:
Gesù porta la croce, si carica del peso della verità.
(V stazione) Bambina:
Gesù impara l’obbedienza d’amore lungo la via della passione
Ma ha voluto
anche essere “un simbolico spazio di accoglienza, nella preghiera della Chiesa, della
voce dell’infanzia talora offesa e sfruttata”.
La via verso il Calvario
meditata dalla monaca agostiniana madre Rita Piccione ha avuto come protagonista il
cuore umano, spesso meschino, che si lascia “ingannare dalle illusioni del piccolo
tornaconto personale” e “preso dalla contabilità del proprio benessere”.
La
preghiera rivolta all’“Umile Gesù” che ha seguito ogni meditazione e che è stata letta
da Piera degli Esposti, è stata pensata come voce della Chiesa che riflette:
(II
stazione) (Piera degli Esposti): Umile Gesù, nello
scorrere quotidiano della vita il nostro cuore guarda in basso, al suo piccolo
mondo, e, tutto preso dalla contabilità del proprio benessere, resta
cieco alla mano del povero e dell’indifeso che mendica ascolto e chiede
aiuto.
E l’invocazione allo Spirito Santo pronunciata da Orazio Coclite
come ciò che la Chiesa chiede bussando al cuore di Dio:
(VI stazione) (Orazio
Coclite): Vieni, Spirito di Verità, versa nei nostri occhi «il
collirio della fede» perché non si lascino attrarre dall’apparenza delle
cose visibili, ma imparino il fascino di quelle invisibili.
Lo
scorrere delle stazioni ha indotto ad un esame di coscienza e a trarre insegnamenti
dai personaggi che la Tradizione descrive intorno a Cristo. E se da Maria si apprende
a pregare “quando le avversità e le ingiustizie della vita, il dolore innocente e
la truce violenza” indurrebbero invece ad inveire contro Dio, e nel suo stare sul
Golgota (XIII stazione) si riconosce “la dedizione al sì dell’amore, l’abbandono e
l’accoglienza, la fiducia e l’attenzione concreta”, e ancora “la tenerezza che sana
la vita e suscita la gioia”, nella figura di Simone di Cirene (V stazione) ciascuno
può intravedere se stesso portare la propria croce. Ma il cireneo che riceve la Croce
di Gesù nella libertà dell’amore rispecchia l’obbedienza del discepolo di Cristo alla
Croce, l’abbandono a lasciarsi istruire dalla sua geometria, che nel braccio orizzontale
suggerisce larghezza nelle opere di bontà e nel braccio verticale perseveranza nelle
avversità.
Ma è su Gesù che puntano i riflettori le ultime meditazioni.
Spogliato delle sue vesti (X stazione) il Cristo induce “a riconoscere e benedire
in ogni spogliamento che soffriamo un appuntamento con la verità del nostro essere”,
lui che dalla Croce “tesse … l’abito nuovo della dignità filiale dell’uomo”, mentre
la sua “tunica senza cuciture” rimasta integra è “la veste della sua figliolanza divina”
donata agli uomini.
Nel culmine della crocifissione (XI stazione),
poi, la sconvolgente verità: Gesù “non regna dominando con un potere di questo mondo”
ma attraendo; “il suo magnete è l’amore del Padre che in Lui si dona per noi”. Nella
croce non c’è allora il buio della morte ma il barlume verso una vita nuova, da qui
l’esortazione di Benedetto XVI:
“Fissiamo il nostro sguardo su Gesù
Crocifisso e chiediamo nella preghiera: illumina Signore il nostro cuore, perché possiamo
seguirti sul cammino della croce, fa morire in noi l’uomo vecchio, legato all’egoismo,
al male, al peccato. Rendici uomini nuovi, uomini e donne santi, trasformati e animati
dal tuo amore”.
E se l’ultima immagine che la Via Crucis offre di
Cristo è quella della sua morte, dove ha inizio “il tempo della fede che attende silente”,
è la speranza che deve sostenere lo sguardo dell’uomo verso la promessa di salvezza
e di gioia.