2011-04-22 15:45:47

Siria: le proteste si estendono nel Paese. Almeno 60 i morti


Sono almeno 60 le persone uccise durante le manifestazioni in Siria di oggi, giorno ribattezzato dall’opposizione "venerdì Santo". Si tratta del bilancio più alto in cinque settimane di proteste anti-governative, nonostante la decisione del presidente Assad di revocare la legge di emergenza in vigore da oltre mezzo secolo. Ad Eric Salerno, esperto di Medio oriente del quotidiano Il Messaggero Stefano Leszczynski ha chiesto perché l’abrogazione dello stato d’emergenza non sia stata accolta positivamente.RealAudioMP3

R. – La revoca della legge sull’emergenza lascia spazio alla repressione, perché se il regime vuole reprimere trova altri sistemi, che sono leggi normali di controllo delle dimostrazioni pubbliche. Cambia, quindi, il nome, ma non cambia la sostanza. Non basta ai siriani, questo è evidente, perché ci sono anche altre questioni legate più alla vita quotidiana, all’economia, alla gestione delle minoranze o delle maggioranze, qualche volta, visto che il regime siriano è un regime di minoranza e non di maggioranza nel Paese.

D. – C’è il rischio che la situazione siriana evolva sulla scia di quella libica?

R. – Sì, certo, perché sia la Libia che la Siria hanno delle componenti tribali molto importanti. Io dico tribali per dire anche nazionali, perché in Siria abbiamo i curdi da una parte e abbiamo le popolazioni del Sud che non si riconoscono per certi versi nelle popolazioni del Nord. Il rischio per la Siria è che le tensioni diventino tensioni locali, che scoppino a prescindere da quello che sta succedendo a Damasco, da quello che dice di voler cambiare Assad.

D. – L’Occidente distratto dalla situazione in Libia si sta occupando poco della Siria. Sta commettendo un nuovo errore in Medio Oriente?

R. – Io credo che l’Occidente si stia occupando della Libia per non occuparsi di altro. Ha trovato il modo di interessarsi ad una cosa che piace alla Francia, che piace all’Inghilterra, che ha trascinato dentro tutti – compresi gli americani – e questo dà l’alibi di essere impegnati a difesa dei diritti civili, dei diritti dei libici, evitando in qualche modo di occuparsi di quello che sta succedendo nel resto dell’area, che è un’area che potrebbe esplodere.

D. – Anche Israele però ha parlato poco, è intervenuto poco sulla questione. Come mai?

R. – Perché Israele, tutto sommato, vuole Assad. E’ vero che la Siria con Assad ha fatto la guerra, però è vero anche che la Siria, dopo che ha perso le alture del Golan e si è arrivati ad un armistizio, non ha più agito direttamente contro Israele. Una parte dei patti erano validi e soprattutto i siriani hanno rispettato un rapporto di forza che per Israele ha funzionato. Preferiscono Assad a tutto quello che di incognito potrebbe arrivare al suo posto. (ap)







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