2011-04-22 15:25:43

Giornata di preghiera per le vittime della violenza in Colombia


La Colombia celebra la Giornata di preghiera per le vittime della violenza. Domenica scorsa all’Angelus Benedetto XVI ha lanciato un appello per la riconciliazione e la pace e ha invitato tutti i colombiani a partecipare a tale appuntamento promosso dai vescovi locali. La violenza, nelle sue varie manifestazioni, è stata una costante della storia politica e sociale della Colombia. Fausta Speranza ne ha parlato con il collega ispanoamericano Luis Badilla:RealAudioMP3

R. – Le vittime della violenza non sono soltanto i milioni di colombiani di oggi, di cui basta dire che sono quattro milioni gli sfollati che non possono vivere nelle loro case, perché devono fuggire da tante violenze. E’ anche una violenza che riguarda moltissime generazioni, perché questo Paese, da oltre 100 anni vive in questo modo. Subito dopo l’indipendenza, i due partiti storici – liberale e conservatore – usavano la guerra civile per risolvere i loro problemi. Poi sono arrivate le violenze per così dire nuove, quelle di oggi: i sequestri, la violenza sessuale, che è un fenomeno terribile in Colombia, la violenza dei paramilitari di destra, la violenza delle guerriglie di sinistra, la violenza del narcotraffico, la violenza della microcriminalità, la violenza del racket. Dal 1973, in cui si contavano cinquemila, seimila omicidi, siamo passati oggi a 30 mila omicidi l’anno. Allora la Chiesa, mobilitandosi in favore delle vittime, - e ha avuto molto ascolto in questi giorni preparatori della Giornata – vuole anche smuovere le coscienze dei colombiani, perché è vero che la Colombia ha bisogno di molti aiuti esterni – e in questo senso l’appello del Papa è stato accolto con un grande sostegno – ma il fulcro della soluzione sono i colombiani.

D. – Venticinque anni fa la visita di Giovanni Paolo II in Colombia. Che cosa è rimasto di quel seme gettato da Papa Wojtyla?

R. – Moltissimo e i vescovi si ispirano anche a quegli appelli drammatici che fece Giovanni Paolo II, indirizzati a tutti i protagonisti delle diverse forme di violenza. Ci sono stati progressi, molti progressi: una parte importante dei paramilitari – oltre 30 mila - si è smobilitata; non ci sono stati successi invece con le guerriglie di sinistra, con i due principali gruppi della sinistra armata. In ogni caso, la Chiesa oggi, sulla scia, sull’eredità di Giovanni Paolo II, è impegnata a parlare con tutti, senza escludere nessuno, perché ritiene che, solo parlando con tutti, il Paese possa trovare nel consenso, nel negoziato, nel dialogo, il modo di uscire da questa cultura della morte, dell’omicidio, delle violenze incrociate che si prolungano da oltre un secolo.

D. – Benedetto XVI ha dato impulso a questa giornata voluta dai vescovi in Colombia per la pace...

R. – Il Papa si è associato a questa giornata voluta dai vescovi, e questo, come dicevo prima, ha avuto una grande eco in Colombia; è stato molto sottolineato, anche perché non se lo aspettavano. Le parole del Papa, poi, così solenni nell’Angelus della Domenica delle Palme, sono state molto chiare, molto precise. Che cosa aspetta la gente o vuole dalla Chiesa o è disposta a dare rispondendo all’appello della Chiesa? La gente vorrebbe in qualche modo – lo leggevo proprio sulla stampa colombiana, in queste ultime ore – che l’intera comunità internazionale, non solo con mezzi concreti, risorse, strumenti e opinioni autorevoli, accompagnasse questo popolo, nel quale è subentrata la rassegnazione, a sperare. Si tende a pensare invece che ormai questa violenza cronica è destinata a consumare il Paese.

D. – Alcune cifre sul narcotraffico...

R. – Cifre, per quanto riguarda il narcotraffico, sarebbe difficile darle, perché per natura sono molto segrete. Ma c’è da riportare la denuncia recente dell’Organizzazione degli Stati americani, l’Osa: il narcotraffico, da tre a quattro anni a questa parte, incomincia a reclutare massicciamente per i suoi crimini non solo adolescenti ma soprattutto bambini. Spesso per sfruttare il bambino per i traffici lo fa diventare prima un tossicodipendente. Noi troviamo situazioni drammatiche soprattutto nell’area di Medellin: bambini già tossicodipendenti a sette, otto, nove anni. (ap)







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