Giornata di preghiera per le vittime della violenza in Colombia
La Colombia celebra la Giornata di preghiera per le vittime della violenza. Domenica
scorsa all’Angelus Benedetto XVI ha lanciato un appello per la riconciliazione e la
pace e ha invitato tutti i colombiani a partecipare a tale appuntamento promosso dai
vescovi locali. La violenza, nelle sue varie manifestazioni, è stata una costante
della storia politica e sociale della Colombia. Fausta Speranza ne ha parlato
con il collega ispanoamericano Luis Badilla:
R. – Le vittime
della violenza non sono soltanto i milioni di colombiani di oggi, di cui basta dire
che sono quattro milioni gli sfollati che non possono vivere nelle loro case, perché
devono fuggire da tante violenze. E’ anche una violenza che riguarda moltissime generazioni,
perché questo Paese, da oltre 100 anni vive in questo modo. Subito dopo l’indipendenza,
i due partiti storici – liberale e conservatore – usavano la guerra civile per risolvere
i loro problemi. Poi sono arrivate le violenze per così dire nuove, quelle di oggi:
i sequestri, la violenza sessuale, che è un fenomeno terribile in Colombia, la violenza
dei paramilitari di destra, la violenza delle guerriglie di sinistra, la violenza
del narcotraffico, la violenza della microcriminalità, la violenza del racket. Dal
1973, in cui si contavano cinquemila, seimila omicidi, siamo passati oggi a 30 mila
omicidi l’anno. Allora la Chiesa, mobilitandosi in favore delle vittime, - e ha avuto
molto ascolto in questi giorni preparatori della Giornata – vuole anche smuovere le
coscienze dei colombiani, perché è vero che la Colombia ha bisogno di molti aiuti
esterni – e in questo senso l’appello del Papa è stato accolto con un grande sostegno
– ma il fulcro della soluzione sono i colombiani.
D. – Venticinque anni
fa la visita di Giovanni Paolo II in Colombia. Che cosa è rimasto di quel seme gettato
da Papa Wojtyla?
R. – Moltissimo e i vescovi si ispirano anche a quegli
appelli drammatici che fece Giovanni Paolo II, indirizzati a tutti i protagonisti
delle diverse forme di violenza. Ci sono stati progressi, molti progressi: una parte
importante dei paramilitari – oltre 30 mila - si è smobilitata; non ci sono stati
successi invece con le guerriglie di sinistra, con i due principali gruppi della sinistra
armata. In ogni caso, la Chiesa oggi, sulla scia, sull’eredità di Giovanni Paolo II,
è impegnata a parlare con tutti, senza escludere nessuno, perché ritiene che, solo
parlando con tutti, il Paese possa trovare nel consenso, nel negoziato, nel dialogo,
il modo di uscire da questa cultura della morte, dell’omicidio, delle violenze incrociate
che si prolungano da oltre un secolo.
D. – Benedetto XVI ha dato impulso
a questa giornata voluta dai vescovi in Colombia per la pace...
R. –
Il Papa si è associato a questa giornata voluta dai vescovi, e questo, come dicevo
prima, ha avuto una grande eco in Colombia; è stato molto sottolineato, anche perché
non se lo aspettavano. Le parole del Papa, poi, così solenni nell’Angelus della Domenica
delle Palme, sono state molto chiare, molto precise. Che cosa aspetta la gente o vuole
dalla Chiesa o è disposta a dare rispondendo all’appello della Chiesa? La gente vorrebbe
in qualche modo – lo leggevo proprio sulla stampa colombiana, in queste ultime ore
– che l’intera comunità internazionale, non solo con mezzi concreti, risorse, strumenti
e opinioni autorevoli, accompagnasse questo popolo, nel quale è subentrata la rassegnazione,
a sperare. Si tende a pensare invece che ormai questa violenza cronica è destinata
a consumare il Paese.
D. – Alcune cifre sul narcotraffico...
R.
– Cifre, per quanto riguarda il narcotraffico, sarebbe difficile darle, perché per
natura sono molto segrete. Ma c’è da riportare la denuncia recente dell’Organizzazione
degli Stati americani, l’Osa: il narcotraffico, da tre a quattro anni a questa parte,
incomincia a reclutare massicciamente per i suoi crimini non solo adolescenti ma soprattutto
bambini. Spesso per sfruttare il bambino per i traffici lo fa diventare prima un tossicodipendente.
Noi troviamo situazioni drammatiche soprattutto nell’area di Medellin: bambini già
tossicodipendenti a sette, otto, nove anni. (ap)