Messa Crismale: testo integrale dell'omelia del Papa
L’Occidente è diventato “in gran parte un popolo dell’incredulità e della lontananza
da Dio”, annoiato della propria storia e cultura, sembra non volere più conoscere
la fede in Gesù Cristo: è l’amara constatazione di Benedetto XVI nell’omelia pronunciata
stamani nella Basilica Vaticana per la Messa Crismale del Giovedì Santo. Il Papa ha
elevato la sua preghiera perché i Paesi centrali del cristianesimo tornino a rendere
visibile al mondo il Dio vivente, testimoniarLo e condurre a Lui. “Preghiamo il Signore
– ha detto – affinché sempre più non solo ci chiamiamo cristiani, ma anche lo siamo”.
Quindi ha aggiunto: “Nonostante tutta la vergogna per i nostri errori, non dobbiamo,
però, dimenticare che anche oggi esistono esempi luminosi di fede; che anche oggi
vi sono persone che, mediante la loro fede e il loro amore, danno speranza al mondo”.
Di seguito il testo dell’omelia:
Cari fratelli e sorelle! Al
centro della liturgia di questa mattina sta la benedizione degli oli sacri - dell'olio
per l'unzione dei catecumeni, di quello per l'unzione degli infermi e del crisma per
i grandi Sacramenti che conferiscono lo Spirito Santo: Confermazione, Ordinazione
sacerdotale e Ordinazione episcopale. Nei Sacramenti il Signore ci tocca per mezzo
degli elementi della creazione. L'unità tra creazione e redenzione si rende visibile.
I Sacramenti sono espressione della corporeità della nostra fede che abbraccia corpo
e anima, l'uomo intero. Pane e vino sono frutti della terra e del lavoro umano. Il
Signore li ha scelti come portatori della sua presenza. L'olio è simbolo dello Spirito
Santo e, al tempo stesso, ci rimanda a Cristo: la parola "Cristo" (Messia) significa
"l'Unto". L'umanità di Gesù, mediante l'unità del Figlio col Padre, è inserita nella
comunione con lo Spirito Santo e così è "unta" in maniera unica, è penetrata dallo
Spirito Santo. Ciò che nei re e nei sacerdoti dell'Antica Alleanza era avvenuto in
modo simbolico nell'unzione con olio, con la quale venivano istituiti nel loro ministero,
avviene in Gesù in tutta la sua realtà: la sua umanità è penetrata dalla forza dello
Spirito Santo. Egli apre la nostra umanità per il dono dello Spirito Santo. Quanto
più siamo uniti a Cristo, tanto più veniamo colmati dal suo Spirito, dallo Spirito
Santo. Noi ci chiamiamo "cristiani": "unti" - persone che appartengono a Cristo e
per questo partecipano alla sua unzione, sono toccate dal suo Spirito. Non voglio
soltanto chiamarmi cristiano, ma voglio anche esserlo, ha detto sant'Ignazio d'Antiochia.
Lasciamo che proprio questi oli sacri, che vengono consacrati in quest'ora, ci ricordino
tale compito intrinseco della parola "cristiano" e preghiamo il Signore, affinché
sempre più non solo ci chiamiamo cristiani, ma anche lo siamo.
Nella
liturgia di questo giorno si benedicono, come già detto, tre oli. In tale triade si
esprimono tre dimensioni essenziali dell'esistenza cristiana, sulle quali ora vogliamo
riflettere. C'è innanzitutto l'olio dei catecumeni. Quest'olio indica come un primo
modo di essere toccati da Cristo e dal suo Spirito - un tocco interiore col quale
il Signore attira le persone vicino a sé. Mediante questa prima unzione, che avviene
ancora prima del Battesimo, il nostro sguardo si rivolge quindi alle persone che si
mettono in cammino verso Cristo - alle persone che sono alla ricerca della fede, alla
ricerca di Dio. L'olio dei catecumeni ci dice: non solo gli uomini cercano Dio. Dio
stesso si è messo alla ricerca di noi. Il fatto che Egli stesso si sia fatto uomo
e sia disceso negli abissi dell'esistenza umana, fin nella notte della morte, ci mostra
quanto Dio ami l'uomo, sua creatura. Spinto dall'amore, Dio si è incamminato verso
di noi. "Cercandomi Ti sedesti stanco … che tanto sforzo non sia vano!", preghiamo
nel Dies Irae. Dio è alla ricerca di me. Voglio riconoscerLo? Voglio essere da Lui
conosciuto, da Lui essere trovato? Dio ama gli uomini. Egli viene incontro all'inquietudine
del nostro cuore, all'inquietudine del nostro domandare e cercare, con l'inquietudine
del suo stesso cuore, che lo induce a compiere l'atto estremo per noi. L'inquietudine
nei confronti di Dio, l'essere in cammino verso di Lui, per conoscerLo meglio, per
amarLo meglio, non deve spegnersi in noi. In questo senso dovremmo sempre rimanere
catecumeni. "Ricercate sempre il suo volto", dice un Salmo (105,4). Agostino, al riguardo,
ha commentato: Dio è tanto grande da superare sempre infinitamente tutta la nostra
conoscenza e tutto il nostro essere. Il conoscere Dio non si esaurisce mai. Per tutta
l'eternità possiamo, con una gioia crescente, sempre continuare a cercarLo, per conoscerLo
sempre di più ed amarLo sempre di più. "Inquieto è il nostro cuore, finché non riposi
in te", ha detto Agostino all'inizio delle sue Confessioni. Sì, l'uomo è inquieto,
perché tutto ciò che è temporale è troppo poco. Ma siamo veramente inquieti verso
di Lui? Non ci siamo forse rassegnati alla sua assenza e cerchiamo di bastare a noi
stessi? Non permettiamo simili riduzioni del nostro essere umano! Rimaniamo continuamente
in cammino verso di Lui, nella nostalgia di Lui, nell'accoglienza sempre nuova di
conoscenza e di amore!
C'è poi l'olio per l'Unzione degli infermi. Abbiamo
davanti a noi la schiera delle persone sofferenti: gli affamati e gli assetati, le
vittime della violenza in tutti i Continenti, i malati con tutti i loro dolori, le
loro speranze e disperazioni, i perseguitati e i calpestati, le persone col cuore
affranto. Circa il primo invio dei discepoli da parte di Gesù, san Luca ci narra:
"Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi" (9,2). Il guarire
è un incarico primordiale affidato da Gesù alla Chiesa, secondo l'esempio dato da
Lui stesso che risanando ha percorso le vie del Paese. Certo, il compito principale
della Chiesa è l'annuncio del regno di Dio. Ma proprio questo stesso annuncio deve
essere un processo di guarigione: "…fasciare le piaghe dei cuori spezzati", viene
detto oggi nella prima lettura dal profeta Isaia (61,1). L'annuncio del regno di Dio,
della bontà illimitata di Dio, deve suscitare innanzitutto questo: guarire il cuore
ferito degli uomini. L'uomo per la sua stessa essenza è un essere in relazione. Se,
però, è perturbata la relazione fondamentale, la relazione con Dio, allora anche tutto
il resto è perturbato. Se il nostro rapporto con Dio è perturbato, se l'orientamento
fondamentale del nostro essere è sbagliato, non possiamo neppure veramente guarire
nel corpo e nell'anima. Per questo, la prima e fondamentale guarigione avviene nell'incontro
con Cristo che ci riconcilia con Dio e risana il nostro cuore affranto. Ma oltre questo
compito centrale fa parte della missione essenziale della Chiesa anche la guarigione
concreta della malattia e della sofferenza. L'olio per l'Unzione degli infermi è espressione
sacramentale visibile di questa missione. Fin dagli inizi è maturata nella Chiesa
la chiamata a guarire, è maturato l'amore premuroso verso persone angustiate nel corpo
e nell'anima. È questa anche l'occasione per ringraziare una volta tanto le sorelle
e i fratelli che in tutto il mondo portano un amore risanatore agli uomini, senza
badare alla loro posizione o confessione religiosa. Da Elisabetta di Turingia, Vincenzo
de' Paoli, Louise de Marillac, Camillo de Lellis fino a Madre Teresa - per ricordare
soltanto alcuni nomi - attraversa il mondo una scia luminosa di persone, che ha origine
nell'amore di Gesù per i sofferenti e i malati. Per questo ringraziamo in quest'ora
il Signore. Per questo ringraziamo tutti coloro che, in virtù della fede e dell'amore,
si mettono a fianco dei sofferenti, dando con ciò, in definitiva, testimonianza della
bontà propria di Dio. L'olio per l'Unzione degli infermi è segno di quest'olio della
bontà del cuore, che queste persone - insieme con la loro competenza professionale
- portano ai sofferenti. Senza parlare di Cristo, Lo manifestano.
Al
terzo posto c'è infine il più nobile degli oli ecclesiali, il crisma, una mistura
di olio di oliva e profumi vegetali. È l'olio dell'unzione sacerdotale e di quella
regale, unzioni che si riallacciano alle grandi tradizioni d'unzione dell'Antica Alleanza.
Nella Chiesa quest'olio serve soprattutto per l'unzione nella Confermazione e nelle
Ordinazioni sacre. La liturgia di oggi collega con quest'olio le parole di promessa
del profeta Isaia: "Voi sarete chiamati 'sacerdoti del Signore', 'ministri del nostro
Dio' sarete detti" (61,6). Con ciò il profeta riprende la grande parola di incarico
e di promessa, che Dio aveva rivolto a Israele presso il Sinai: "Voi sarete per me
un regno di sacerdoti e una nazione santa" (Es 19,6). Nel vasto mondo e per il vasto
mondo, che in gran parte non conosceva Dio, Israele doveva essere come un santuario
di Dio per la totalità, doveva esercitare una funzione sacerdotale per il mondo. Doveva
portare il mondo verso Dio, aprirlo a Lui. San Pietro, nella sua grande catechesi
battesimale, ha applicato tale privilegio e tale incarico di Israele all'intera comunità
dei battezzati, proclamando: "Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione
santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui,
che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate
non-popolo, ora invece siete popolo di Dio" (1Pt 2,9s). Battesimo e Confermazione
costituiscono l'ingresso in questo popolo di Dio, che abbraccia tutto il mondo; l'unzione
nel Battesimo e nella Confermazione è un'unzione che introduce in questo ministero
sacerdotale per l'umanità. I cristiani sono popolo sacerdotale per il mondo. I cristiani
dovrebbero rendere visibile al mondo il Dio vivente, testimoniarLo e condurre a Lui.
Quando parliamo di questo nostro comune incarico, in quanto siamo battezzati, ciò
non è una ragione per farne un vanto. È una domanda che, insieme, ci dà gioia e ci
inquieta: siamo veramente il santuario di Dio nel mondo e per il mondo? Apriamo agli
uomini l'accesso a Dio o piuttosto lo nascondiamo? Non siamo forse noi - popolo di
Dio - diventati in gran parte un popolo dell'incredulità e della lontananza da Dio?
Non è forse vero che l'Occidente, i Paesi centrali del cristianesimo sono stanchi
della loro fede e, annoiati della propria storia e cultura, non vogliono più conoscere
la fede in Gesù Cristo? Abbiamo motivo di gridare in quest'ora a Dio: "Non permettere
che diventiamo un non-popolo! Fa' che ti riconosciamo di nuovo! Infatti, ci hai unti
con il tuo amore, hai posto il tuo Spirito Santo su di noi. Fa' che la forza del tuo
Spirito diventi nuovamente efficace in noi, affinché con gioia testimoniamo il tuo
messaggio!
Nonostante tutta la vergogna per i nostri errori, non dobbiamo,
però, dimenticare che anche oggi esistono esempi luminosi di fede; che anche oggi
vi sono persone che, mediante la loro fede e il loro amore, danno speranza al mondo.
Quando il prossimo primo maggio verrà beatificato Papa Giovanni Paolo II, penseremo
pieni di gratitudine a lui quale grande testimone di Dio e di Gesù Cristo nel nostro
tempo, quale uomo colmato di Spirito Santo. Insieme con lui pensiamo al grande numero
di coloro che egli ha beatificato e canonizzato e che ci danno la certezza che la
promessa di Dio e il suo incarico anche oggi non cadono nel vuoto.
Mi
rivolgo infine a voi, cari confratelli nel ministero sacerdotale. Il Giovedì Santo
è in modo particolare il nostro giorno. Nell'ora dell'Ultima Cena il Signore ha istituito
il sacerdozio neotestamentario. "Consacrali nella verità" (Gv 17,17), ha pregato il
Padre - per gli Apostoli e per i sacerdoti di tutti i tempi. Con grande gratitudine
per la vocazione e con umiltà per tutte le nostre insufficienze rinnoviamo in quest'ora
il nostro "sì" alla chiamata del Signore: Sì, voglio unirmi intimamente al Signore
Gesù - rinunciando a me stesso … spinto dall'amore di Cristo. Amen.