Emergenza immigrazione. Il cardinale Bagnasco ribadisce l'impegno della Chiesa all'accoglienza
Continua l’impegno della Chiesa a favore dei migranti. La Caritas ha individuato oltre
3100 posti in 107 diocesi. ''Davanti al dramma di tanti profughi e rifugiati – ha
detto oggi il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, riaffermiamo l'impegno
della Chiesa a educare ad una cultura dell'accoglienza che sia sempre congiunta alla
legalità e alla sicurezza, tenendo conto della oggettiva complessità della situazione.
Come uomini e come pastori – ha aggiunto, come riferisce il Sir - guardiamo a tanti
fratelli che lasciano i Paesi martoriati del Nord Africa, e approdano come profughi
o rifugiati sulle nostre coste in cerca di speranza''. A Roma, però, la Comunità di
Sant'Egidio esprime “stupore e disappunto per le recenti scelte dell'Amministrazione
comunale nei confronti dei Rom e dei profughi giunti in questi giorni dal Nord Africa”.
Per la Comunità non si intravvede una “politica di accoglienza e umanità all’altezza
del ruolo di Roma”. Nella capitale hanno trovato alloggio una cinquantina di tunisini
nella parrocchia della Natività a Via Gallia, altri bivaccano alla Stazione Termini.
Alessandro Guarasci.
La Natività
è una parrocchia storica di San Giovanni. E storica è la sua capacità di accogliere.
Sabato circa 200 immigrati tunisini sono arrivati a Roma per essere accolti a Grottarossa,
ma il quartiere è insorto. Da lì è iniziato il loro vagabondare per la città. Poche
ore dopo è intervenuto il parroco della Natività, don Pietro Sigurani,
sorpreso della scarsa capacità d’accoglienza della capitale:
R. - E’
una città che si è risvegliata indifferente. E’ un’indifferenza che rasenta un po’
di razzismo.
D. – Quale segno di vicinanza ha dato la parrocchia a questi
ragazzi?
R. – La parrocchia ha delle case nel Sahara tunisino e anche
delle scuole, in modo da farli venire regolarmente. Diamo loro da mangiare, diamo
loro da dormire e poi li mettiamo in contatto con i parenti che hanno in Francia e
con i parenti che hanno in altre città d’Italia e alcuni sono già andati. Qui cerchiamo
di dare loro anche un lavoro e quattro li stiamo assumendo con contratto regolare.
Ci dicono: “Siamo venuti qui e ‘pour nous c’est un rêve!’, 'per noi è un sogno!'".
Sono giovani, venti anni o poco più, tutti con un titolo di studio
o con un mestiere. Il loro primo impatto con Lampedusa è stato forte. Ascoltiamo la
testimonianza di un immigrato:
R. – Essendo troppi,
gli alloggi non erano un granché a Lampedusa, e solo dopo essere stati trasferiti
a Caserta e a Napoli l’ospitalità è migliorata. Poi, però, sono stati trasferiti a
Roma, a Grottarossa, dove invece sono stati trattati malissimo, e dove una parte dei
cittadini ha reagito male: alcuni avevano bastoni e altri persino la pistola. Per
fortuna presso la Natività sono venuti a saperlo e il parroco ha mandato alcuni parrocchiani
a cercare questi ragazzi che dormivano per strada.
D. – Ma è difficile
vivere per un giovane in Tunisia?
R. – Quelli del Sud e dell'Est della
Tunisia, come noi, non hanno un lavoro. Quelli del Sahel invece trovano un lavoro,
anche se non sono laureati. Noi invece, che per la maggior parte abbiamo studiato
e chi non è laureato ha almeno un diploma, non abbiamo un lavoro. Nel Sud siamo isolati,
come se non facessimo parte della Tunisia. (ap)