Giornata di preghiera per Asia Bibi e le vittime della legge sulla blasfemia
Si celebra oggi, in vari Paesi del mondo, la Giornata di preghiera per Asia Bibi,
la donna cristiana 45.enne, madre di cinque figli e condannata a morte in Pakistan
con l’accusa di aver offeso Maometto. La Giornata è dedicata anche alle vittime della
legge sulla blasfemia che nel Paese asiatico prevede, oltre all’ergastolo, anche la
pena capitale. Su questa iniziativa, promossa dall’organizzazione umanitaria “Masihi
Foundation”, ascoltiamo al microfono di Charles Collins, il direttore delle
Pontificie Opere Missionarie in Pakistan, padre Mario Rodrigues:
R. – The
basic thing is that we can’t fight … Il problema di fondo è che noi non
possiamo lottare contro la legge sulla blasfemia e non possiamo lottare per il rilascio
di Asia Bibi, perché siamo una minoranza veramente piccola. Quindi, la cosa migliore
è implorare il Cielo e per questo la Fondazione Masihi ha indetto per oggi un giorno
di preghiera, e a questa iniziativa si sono unite anche le Pontificie Opere Missionarie
insieme con la Chiesa in Pakistan. E’ stata indetta non soltanto una giornata di preghiera.
E’ una giornata di preghiera e di digiuno per la liberazione di Asia Bibi e per l’abolizione
della legge sulla blasfemia.
D. – Quale è lo stato d’animo dei cristiani
in Pakistan?
R. – It is a very peculiar situation ... E’ una
situazione molto particolare, una situazione di incertezza. Dobbiamo fare molta attenzione
a quello che diciamo e a quello che facciamo, come è stato per Asia Bibi e come lo
è per tutti i casi nei quali si è fatto ricorso alla legge sulla blasfemia. Nessuno
mai si esprimerebbe in termini blasfemi nei riguardi di Dio in una Repubblica islamica,
dove è risaputo che si può essere accusati per un nonnulla, e che accadono cose simili
che rendono la vita tanto difficile.
D. – Come vive la comunità cristiana
la Pasqua di quest’anno?
R. – We have what we call “meetings” in various
areas … Avremo “incontri”, così li chiamiamo, in diverse parti del Paese,
e diremo alle persone che dovremo “mantenere toni bassi” a causa delle aggressioni
e di vari altri tipi di azioni da parte di estremisti musulmani. Ma la gente mi dice:
“Padre, qualsiasi cosa accada, noi dobbiamo celebrare la Pasqua senza cancellare nessuna
Messa, senza sminuire nulla”. “Dobbiamo celebrare la Pasqua perché questa è la festa
del Signore Risorto, è la nostra festa!”.
D. – Come possono i cristiani
nel mondo aiutare i fedeli del Pakistan?
R. – I think the first thing
we need is them to pray for us. … Credo che la cosa più importante di cui
abbiamo bisogno è che tutti i cristiani preghino per noi. I cristiani del Pakistan,
i cristiani del mondo devono prendersi per mano e con la preghiera manifestare la
loro solidarietà, pregare per l’abolizione della legge sulla blasfemia, per la liberazione
di Asia Bibi … Questo per noi cristiani in Pakistan è un messaggio forte che ci dice
che non siamo soli, che i cristiani di tutto il mondo sono con noi, che ci sostengono
in ogni momento. E questo è un grande incoraggiamento. (gf)
In tutto il
mondo, istituti religiosi, associazioni, parrocchie e fedeli di tutte le confessioni
pregano per Asia Bibi e per le vittime della blasfemia. All'iniziativa, lanciata dalla
“Masihi Foundation”, hanno aderito, tra gli altri, le Clarisse di Lovere (Italia),
i Francescani di Thuc Duc, in Vietnam, la diocesi camerunense di Batouri, le suore
di San Giuseppe di Tarbes, in Brasile, e le comunità cristiane della Nuova Zelanda.
Fra le centinaia di adesioni, sono arrivate anche quelle delle Missionarie della Consolata,
dei Frati del Sacro Cuore, di parrocchie in diverse diocesi di Francia, Spagna e Regno
Unito. Scandiscono la Giornata di preghiera la Santa Messa, le veglie di preghiera,
le fiaccolate e le adorazioni eucaristiche. Il vescovo di Islamabad, mons. Anthony
Rufin, ha spiegato all'agenzia Fides di essere profondamente toccato dalla fede di
Asia Bibi. Una fede - ha aggiunto il presule - che la renderà libera perché crede
in Cristo Salvatore. Mons. Anthony Rufin ha anche esortato tutti i cristiani ad accendere
una candela perché la donna possa tornare presto con la sua famiglia.