In Egitto 100 mila copti in piazza per la libertà di culto e i diritti civili
Circa 100mila egiziani copti — accompagnati anche da numerosi musulmani — hanno sfilato,
sabato, lungo le strade che dal distretto di Shobra, a nord del Cairo, conducono fino
alla piazza Tahrir per chiedere il rispetto della libertà di culto e dei diritti civili.
Secondo quanto riferisce l’Osservatore Romano, la lunga catena umana ha poi composto
la forma di una grande piramide, il simbolo più conosciuto della nazione, per mostrare,
è stato sottolineato, “che i copti sono una presenza attiva e hanno esigenze giuste
e legali”. Nel Paese non si placano, infatti, i timori per gli attacchi condotti dai
gruppi musulmani che alimentano l’odio tra le comunità religiose e che prendono di
mira, in particolare, proprio le chiese cristiane. In particolare, la comunità copta
guarda soprattutto alla nuova Costituzione che, nelle aspirazioni generali, dovrebbe
rafforzare la democrazia, chiedendo il rispetto dello Stato di diritto, in particolare,
la libertà di praticare il proprio credo e la fine dell’impunità per i colpevoli delle
violenze. Un sacerdote copto ortodosso, padre Mettias Nasr, ha sottolineato: “Vogliamo
un Stato democratico e una Costituzione che eviti qualsiasi discriminazione”. E ha
aggiunto: “Desideriamo soprattutto che le nostre chiese tornino a essere luoghi di
raccoglimento e quelle che sono state chiuse per motivi di sicurezza vengano riaperte”.
Un altro religioso, padre Filopareer Gamil, ha poi rilevato: “Chi attacca i copti
non viene mai punito e spesso la questione viene risolta con generiche sollecitazioni
alla riconciliazione”. In Egitto è da tempo in corso una strisciante ascesa del fondamentalismo
religioso che desta preoccupazione tra le minoranze religiose. Si tratta di gruppi
di estremisti, talvolta non numericamente rilevanti, ma comunque in grado di alimentare
ansie e paure tra le varie comunità. Tra questi spiccano, ad esempio, l’Islamic Jihad
Movement e i salafiti le cui attività, organizzate in base a logiche militariste e
terroristiche, puntano all’applicazione della sharia in tutto il Paese. Spesso i fondamentalisti
si servono di banali pretesti per colpire le minoranze, facendo leva soprattutto sulle,
talvolta, deboli reazioni delle forze dell’ordine. Padre Luciano Verdoscia, un missionario
comboniano, che da anni opera in Egitto sostiene che la gente “sia consapevole del
pericolo del fondamentalismo religioso. Il messaggio fondamentalista non ha attecchito
tra i giovani che hanno partecipato alle proteste popolari, che sanno bene cosa significhi”.
Tuttavia, ha concluso il missionario “esiste un divario tra i giovani e gli strati
più ignoranti della popolazione, che possono essere facilmente influenzati dai predicatori
islamici, come si è visto in occasione del referendum costituzionale”. (M.G.)