Giappone: nuova allerta radioattività nella centrale di Fukushima
In Giappone nuovo stato d’allerta a causa dell’aumento della radioattività nella centrale
di Fukushima; un dato che contrasta con le rassicurazioni della Tepco, la società
che gestisce gli impianti atomici, sulla possibilità di raffreddare i reattori e stabilizzare
la situazione nel giro di 6-9 mesi. Sui reali rischi, Giancarlo la Vella ha
sentito il collega Stefano Vecchia, rientrato da poco da Tokyo:
R. – Certamente,
l’aumento di radiazioni c’è ed è notevole all’interno dei reattori numero 3 e numero
1. Non è una novità, purtroppo, nel senso che ormai è certo che alla base di questi
reattori come, peraltro, anche alla base del numero 2 e del numero 4, si è accumulata
acqua altamente inquinata dalle radiazioni. Il problema è che nel momento in cui si
interviene da un lato cercando di raffreddare i reattori, dall’altro cercando di evacuare
l’acqua contaminata, si vengono a creare situazioni momentanee di emissione di nuove
radiazioni. Questo è inevitabile ed è purtroppo un’altalena che dura ormai da settimane.
D.
– Nonostante le rassicurazioni che giungono dai tecnici della Tepco - l’azienda che
controlla i reattori di Fukushima - si ha la sensazione che il nucleare sia qualcosa
di incontrollabile. E’ così?
R. – E’ parzialmente così e questa sensazione
è ancora aggravata dal fatto che il Giappone stesso - che ha una tecnologia estremamente
avanzata e dei livelli di sicurezza altamente elevati, nonostante la crisi in corso
- faccia fatica a controllare la situazione. Teniamo presente che è una situazione
che nasce da fattori assolutamente anomali e quindi anche l’intervento risulta estremamente
difficile. Però il fatto che la lotta contro le radiazioni continua ed è costante
da oltre un mese, e che in qualche modo abbia qualche successo, nel senso che le radiazioni
sono state contenute, fa capire che la crisi è realmente difficile; fosse successo
in un altro Paese forse ci si sarebbe trovati davanti ad una situazione di gravità
ancora superiore.
D. - Il Giappone sta pensando ad energie alternative
a questo punto o si pensa comunque al nucleare, sia pure in maniera più sicura?
R.
– Io direi che è un’estrema minoranza di giapponesi che pensa ad un’alternativa seria
al nucleare perché l’esperienza di questi decenni ha visto nel nucleare una fonte
di energia non soltanto sicura per il Giappone ma estremamente efficiente, estremamente
conveniente. D’altra parte, la stessa formazione del territorio giapponese permette
poche alternative. Già il Paese è fortemente dipendente dal petrolio. Quindi, chiaramente,
si tenterà un nucleare più sicuro se è ancora possibile, forse ridotto a livello di
percentuale sulla necessità di fabbisogno energetico, però certamente non ha un’alternativa.
D.
– Ci avviciniamo al 25.mo anniversario della tragedia nucleare di Chernobyl. Sia pure
non dal punto di vista prettamente tecnico, però si può fare un parallelo dal punto
di vista dell’allarme mondiale che sia Chernobyl che Fukushima hanno causato?
R.
– Certamente, però tenendo presente che Chernobyl è il precedente e che l’allarme
di Fukushima è stato un allarme anche alzato a livello di soglia avendo presente Chernobyl.
Nel momento in cui le autorità hanno dichiarato un settimo grado di rischio, cioè
il massimo del rischio possibile, hanno avuto come riferimento Chernobyl, non la situazione
giapponese, che in sé è potenzialmente anche più pericolosa, ma nella realtà attualmente
lo è molto meno di quella di Chernobyl. Teniamo presente che l’emissione di radiazioni
registrata è intorno al 10 per cento finora di quella emessa dalla centrale ucraina.
(bf)