Libia: il vicario di Tripoli sulle drammatiche conseguenze della guerra
“Alla fine della celebrazione della Santa Messa, mi sono trovato, in fondo alla chiesa
una decine di donne libiche, musulmane. È la prima volta in 40 anni di celebrazioni
in Libia. Sono venute in sacrestia piangendo. Molte per motivi di lavoro conoscevano
alcune suore cattoliche” dice all’agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli,
vicario apostolico di Tripoli. “Queste donne ripetevano continuamente “Padre, per
favore, finiamola con la guerra, con le bombe. Ci hanno distrutto la famiglia, ci
hanno sconvolto la vita sociale, i bambini non vanno più a scuola. Siamo sconvolte”.
Poi mi hanno riferito quello che sta succedendo a Misurata”. Mi hanno detto - continua
mons. Martinelli - che le donne sono violentate e mutilate, le famiglie sono rinchiuse
in case. “Non avete idea di cosa sta succedendo là” hanno detto queste signore. Ho
riferito questi fatti ad un workshop via telefono organizzato dal Servizio d’Azione
Europeo Esterno al quale hanno partecipato anche altre persone, alcuni libici residenti
in Europa ed in Egitto. Si è discusso come portate gli aiuti umanitari alla Libia
dopo la fine del conflitto. Io ho ribadito che prima bisogna trovare il modo di fare
finire la guerra” dice il vicario apostolico di Tripoli. Mons. Martinelli aggiunge
che “come abbiamo scritto nel documento delle comunità cristiane presenti in Libia,
occorre sfruttare le relazioni tribali. “Occorre quindi una forma di diplomazia che
rispetti la realtà libica. In questo senso ho apprezzato la posizione del Brics (Brasile,
Russia, India, Cina e Sudafrica), che nell'ultima riunione ha respinto l’uso della
forza e ribadito la necessità di una soluzione diplomatica alla crisi libica. Mi sembra
molto saggia perché privilegia l’azione diplomatica sull’uso della forza” conclude
Mons. Martinelli. (R.P.)