Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica delle Palme
In questa Domenica delle Palme, la liturgia ci propone il racconto della Passione
del Signore secondo il Vangelo di Matteo, dal tradimento di Giuda fino alla sepoltura
di Gesù. Dopo la crocifissione, da mezzogiorno fino alle tre, si fa buio su tutta
la terra. Quindi, Gesù grida a gran voce:
«Dio mio, Dio mio, perché mi
hai abbandonato?».
Sulla Domenica delle Palme e della Passione del Signore,
ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia
spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Entriamo
nella grande settimana, la Settimana santa, accompagnati dal racconto di Matteo sulla
Passione di Gesù. Ogni volta che ascoltiamo questi testi ci prende grande sgomento:
Dio non poteva salvare il Figlio dalla morte? Perché Gesù sulla croce deve provare
questa desolazione amara e una umiliazione così estrema? Ci vuole un supplemento di
fede per attraversare i misteri di questi giorni: si tratta di riconoscere nel Crocifisso
il redentore che ci ha amato fino a lasciarsi massacrare per la nostra guarigione.
E nell’atteggiamento del Padre celeste non v’è la richiesta di soddisfazione o di
espiazione, come a volte si pensa; ma una grande sofferenza del cuore, un passaggio
avvolto nel mistero, fino a questa soglia: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il
suo Figlio unigenito”. E il Figlio obbediente fino alla morte, è il segno di questa
fedeltà di Dio a nostro favore. Lo hanno intuito i soldati stessi (pagani) che stavano
a guardia: “Davvero costui era Figlio di Dio!”, esclamano. Solo Dio poteva arrivare
a questo estremo, solo Dio può essere la spiegazione di simile evento! E Paolo lo
dirà chiaro: “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui
stesso maledizione per noi” (Gal 3,13). Il Crocifisso è il simbolo potente di un amore
assoluto. Adoriamo e rispondiamo con amore!