Béchara Boutros Raï: il Libano resti un luogo di libertà e pluralismo
In occasione dell'udienza dal Papa, il patriarca Béchara Boutros Raï ha voluto
soffermarsi ai microfoni della Radio Vaticana - nella quale è stato per 12 anni responsabile
del Programma arabo - per commentare le sollevazioni popolari in atto in Nord Africa
e Medio Oriente e la loro influenza sul Libano. L'intervista è della collega della
redazione inglese della nostra emittente, Tracey McClure:
R. – Noi
siamo preoccupati: ci potrebbero essere conseguenze per il Libano, perché non sappiamo
dove possono arrivare queste manifestazioni. Il Libano è il luogo della libertà di
espressione, è il luogo dove sono rappresentate tutte le religioni e nessuna religione
assimila l’altra, e dove c’è diversità di opinioni e pluralità di partiti politici.
Se questi regimi del mondo arabo diventassero più duri, a pagare saranno i cristiani
di questi Paesi! I cristiani saranno le prime vittime ...
D. – Con tutto
quello che sta accadendo in Medio Oriente e in Nord Africa, lei ha qualche preoccupazione
per la perdita di quel modello di convivialità rappresentato dal Libano di cui parlava
Giovanni Paolo II?
R. – Non credo, perché i libanesi – tutti i libanesi:
musulmani e cristiani – ci tengono a questa convivialità: tutti quanti. Però, se i
cristiani continuano ad emigrare in numero sempre maggiore, il sistema politico del
Libano sarà condizionato anche demograficamente; infatti, se il livello demografico
dei cristiani si abbasserà molto, allora anche la rappresentatività cambierà: non
sarà più paritaria, cioè 50-50. Forse sarà 75-25, o forse tenderà a sparire. Ma noi
speriamo di poter conservare la nostra presenza e mantenere il nostro numero, anche
demograficamente.
D. – I cristiani in Libano sono politicamente divisi.
Lei ha qualche progetto per cercare di riunire i cristiani?
R. – Sì.
Io ho già parlato con i leader cristiani in genere e con i leader maroniti in particolare.
Se si chiede loro: “sui principi nazionali siete tutti d’accordo?”, rispondono di
sì. Alla domanda: “il vostro obiettivo è di conservare la presenza cristiana in Libano
in modo che questo Paese rappresenti una garanzia per voi?”, hanno risposto di sì.
E ancora: alla domanda se la diversificazione tra i cristiani consista nelle opzioni
politiche, ancora hanno risposto di sì. Allora ho detto: “riuniamoci per un dialogo,
ma voi dovrete essere complementari: perché essere nemici? Siamo un Paese democratico
e questo vuol dire che dobbiamo rispettare l’opinione dell’altro. Per favore – ho
detto ancora - non affermate che la vostra opzione personale è la migliore continuando
a creare inimicizie, come state facendo adesso”. Quindi ho invitato questi leader
politici ad un giorno di ritiro spirituale durante la Settimana Santa per ascoltare
la Parola di Dio - ci saranno anche due omelie - mentre negli intervalli discuteremo
sulle opzioni politiche presentate da ogni fazione. Sono stati contenti, hanno risposto
positivamente all’invito e speriamo di riuscire a organizzare l’incontro per la prossima
settimana. Questa è la prima cosa. Poi, invece, a livello nazionale i musulmani hanno
chiesto un vertice islamico-cristiano da svolgersi nella sede del Patriarcato – secondo
la volontà degli stessi musulmani – da dove rilasceremo una dichiarazione sui principi
che ci uniscono.
D. – C’è qualcosa che la Chiesa può fare per aiutarvi?
R.
– La Chiesa universale, attraverso la Santa Sede e la sua forza morale, deve lavorare
sulla comunità internazionale. Noi faremo il nostro lavoro internamente, tra di noi,
come Chiese a livello cattolico-ecumenico, nel dialogo interreligioso, e faremo il
possibile presso i governi locali. Tutti guardano alla Chiesa perché tutti sanno che
la Chiesa non fa che il bene comune e non ha nessun interesse personale. (bf)