2011-04-11 15:18:23

Libia. Piano di pace dell'Unione Africana: sì da Nato e Ue se Gheddafi lascia il potere


Libia: dopo il sì di Gheddafi anche la Nato e l’Unione Europea danno il benvenuto al percorso di pace proposto dell’Unione Africana. Ma l’uscita di scena del rais appare una precondizione necessaria per la riconciliazione nazionale. Si attende ora la risposta dei ribelli a Bengasi, dove è giunta stamane una delegazione dell’Ua. Il servizio di Roberta Gisotti.RealAudioMP3

Prima di pensare ad un ‘cessate il fuoco’ le truppe di Gheddafi devono ritirarsi dalle strade e deve essere rispettata la libertà di espressione. La voce dei ribelli libici a Bengasi ha preceduto l’arrivo in tarda mattinata della delegazione dell’Unione Africana, che ieri a Tripoli ha raccolto il sì di Gheddafi ad una pace, mediata dall’Ua, che lo stesso leader aveva invocata per uscire dalla crisi. Il piano dell’Ua prevede: un cessate il fuoco immediato, il via libera agli aiuti e l’apertura del dialogo tra Tripoli e Bengasi. La mediazione dell’Unione Africana è stata accolta con favore dalla Nato per “fermare la violenza contro la popolazione civile in Libia”, e cosi anche dall’Unione Europea. Catherine Ashton, Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, sarà insieme ai rappresentanti della Lega Araba e dei Paesi africani, mercoledì al Cairo alla Conferenza dell’Onu per la Libia. Annunciato dal vicario apostolico di Tripoli, Giovanni Innocenzo Martinelli, un documento delle comunità cristiane della città a sostegno di una soluzione diplomatica, che sarà consegnato alle Nazioni Unite.

La crisi del Paese nordafricano sarà uno dei temi al terzo Vertice - il 14 e 15 aprile - del cosiddetto Gruppo Bric, dal nome dei Paesi partecipanti: Brasile, Russia, India e Cina. Ma la soluzione politica ha commentato un alto ufficiale Nato potrà esserci solo con l’uscita di scena di Gheddafi. Di certo questa è una “precondizione perché si possa ricominciare con la riconciliazione nazionale in Libia", ha spiegato il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini. Il fronte armato resta comunque aperto nelle due città di Ajdabiya e di Misurata, bombardata stamane con missili Grad dalle forze di Gheddafi. E’ stato intanto ritrovato il fotografo indiano dell'agenzia Associated Press, scomparso nei pressi di Ajdabiya, dove sono stati rilasciati anche 5 giornalisti russi della Komsomolskaya Pravda e della televisione Ntv, trattenuti 11 ore dai ribelli.

Dunque, occhi puntati sulla diplomazia per una soluzione alla guerra in Libia. Ma quali sono le possibilità sul terreno di tacitare le armi ed accompagnare la Libia in un processo di democratizzazione. Stefano Leszczynski lo ha chiesto al prof. Antonio Papisca, titolare della cattedra Unesco per i diritti umani, la democrazia e la pace dell'Università di Padova.RealAudioMP3

R. – A questo punto bisogna uscire fuori dallo schema dei giochi a somma zero: tutta la vittoria da una parte e tutta la sconfitta dall’altra. Qui c’è un’offerta di mediazione e qualsiasi spiraglio che si apre per la pace bisogna prenderlo. Io direi che in questo momento la comunità internazionale debba prendere alla lettera quanto viene proposto da una delle due istituzioni competenti per area - Unione Africana e Lega Araba – e immaginare ulteriori passi.

D. – Quali potrebbero essere questi ulteriori passi, in base anche alla Risoluzione che è stata approvata dal Consiglio di Sicurezza?

R. – La Risoluzione 1973 esclude che l’intervento possa tradursi in forme di occupazione territoriale, però non esclude che ci sia un dispiegamento a terra di una forza di interposizione, che naturalmente dovrebbe avere un mandato molto preciso, puntuale e che ora dovrebbe tener conto della volontà manifestata anche da parte di Tripoli di accedere a una qualche soluzione diplomatica. Condizione “sine qua non” è la cessazione da parte di Gheddafi dell’uso delle armi.

D. – Un’ipotesi di questo tipo potrebbe condurre anche ad una spaccatura della Libia, che rischierebbe di durare per moltissimo tempo?

R. - Sì, certo, questa è un’ipotesi plausibile ma la comunità internazionale in questo momento deve avere come obiettivo quello di far cessare l’uso della violenza da una parte e dall’altra. Per evitare che questa situazione - che è sempre lì sul punto di riesplodere - si incancrenisca, in termini di violenza, occorre che la comunità internazionale si interessi della questione libica in un più ampio contesto di mutamenti strutturali che si stanno delineando in tutta l’area. La comunità internazionale deve essere presente in maniera assidua e trovare tutti i mezzi per favorire le forze locali che rivendicano libertà, democrazia, diritti umani e Stato di diritto. Deve essere la politica che prende in mano l’iniziativa. (bf)







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