2011-04-11 11:35:02

Appelli contro la legge sulla blasfemia in Pakistan: urge una moratoria


Il nuovo caso del cristiano Arif Masih, vittima di false accuse di blasfemia, rilancia la proposta di una moratoria sull’applicazione della legge sulla blasfemia in Pakistan. E’ quanto dice all’Agenzia Fides Paul Bhatti, consigliere speciale del Primo Ministro per gli affari delle minoranze religiose, accogliendo la proposta che circola nella società civile pakistana, e che sta trovando l’appoggio di intellettuali, editorialisti e studiosi, attivisti per i diritti umani. “Urge trovare una soluzione per impedire gli abusi della legge. Si può partire da una moratoria o pensare a delle modifiche. Ma occorre anche lavorare per cambiare la mentalità e la cultura: vi sono in Pakistan individui e organizzazioni che usano questa legge per creare disarmonia e tensione sociale”, rimarca Bhatti. Mehdi Hasan, presidente della “Commissione per i Diritti Umani del Pakistan”, una fra le organizzazioni più importanti nella nazione, afferma a Fides: “Siamo fondamentalmente favorevoli a una moratoria sulla blasfemia, anche se la nostra posizione ufficiale è quella di chiederne l’abolizione. Va ricordato che prima del 1986 non vi erano in Pakistan denunce di blasfemia e dopo abbiamo avuto, in 20 anni, circa 1.000 casi, mentre 70 persone, accusate solo di blasfemia, sono state vittime di esecuzioni extragiudiziali”. Padre Mario Rodrigues, direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan, nota che “la legge sulla blasfemia è chiamata ‘legge nera’. Oggi chi vi si oppone viene definito blasfemo e rischia la vita. L’idea di una moratoria sulla sua applicazione mi trova molto favorevole: servirebbe almeno a scongiurare nuovi casi costruiti su false accuse. Ma credo che il governo difficilmente vorrà esporsi”. Haroon Barkat Masih, a capo della Masihi Foundation, che fornisce assistenza legale e materiale ad Asia Bibi, la donna condannata a morte per blasfemia, dice: “La moratoria sarebbe un primo passo per impedire alla legge di nuocere ancora: il governo da un lato potrebbe dire ai gruppi radicali islamici che la legge resta in vigore, ma intanto riuscirebbe a fermarne il cattivo uso e le strumentalizzazioni”. Due proposte concrete per evitare abusi della legge sono queste, conclude: dare il compito di registrare le eventuali denunce di blasfemia ad agenti di polizia di alto grado; affidare i processi direttamente all’Alta Corte, saltando i tribunali di primo grado, troppo esposti alle pressioni.







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