2011-04-10 15:53:39

Medio Oriente, 19 morti dall’inizio dei raid israeliani. Spiragli di tregua tra Israele e Hamas


“Se gli attacchi contro Israele continueranno, i nostri colpi saranno molto più duri''. È l’avvertimento lanciato oggi ad Hamas dal premier israeliano Benyamin Netanyahu dopo una lunga scia di violenze: il bilancio dei morti, da quando Israele ha compiuto una serie di raid dopo il lancio da parte di militanti palestinesi di un missile nel territorio dello Stato ebraico, è di almeno 19 vittime. Aperture al cessate il fuoco erano invece giunte ieri dal ministro della difesa Ehud Barak. Oggi la replica di Hamas, che ha fatto sapere: alla tregua risponderemo con una tregua". Dopo gli appelli alla pace di Onu e Unione Europea, quali speranze ci sono che il conflitto di Gaza tra Israele e Hamas si risolva? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università di Firenze:RealAudioMP3

R. – La situazione è molto confusa, perché negli ultimi giorni c’è stato un forte scambio di ostilità tra Gaza e Israele. La situazione è preoccupante sia da un punto di vista militare generale, sia da un punto di vista politico, perché c’è in questo momento una fortissima tensione tra Hamas e l’Olp, che controlla invece il West Bank in vista delle elezioni palestinesi. Inoltre su Gaza c’è una sorda guerra diplomatica a causa delle conseguenze, che Israele considera nefaste, del Rapporto Goldstone che accusava Israele di aver deliberatamente avuto come obiettivo i civili di Gaza durante l’“Operazione Piombo Fuso”. Pochi giorni fa il giudice ha parzialmente ritrattato parte del suo rapporto, dicendo che l’obiettivo dei civili non era “politica deliberata” dell’“Operazione Piombo Fuso”.

D. – Quali effetti potrebbe avere questa parziale modifica del Rapporto Goldstone?

R. – Lo Stato di Israele sarebbe assolto dall’accusa di aver provocato uno spropositato numero di vittime civili durante la guerra di Gaza di due anni fa e che, quindi, lo Stato ebraico si sentirebbe più libero di rispondere ad eventuali azioni di Hamas o della Jihad islamica di Gaza, come ci sono state, senza doversi difendere preventivamente sul piano diplomatico.

D. - Il fatto che in questo momento la vicenda mediorientale sia una partita soltanto tra Israele e Hamas tiene lontana la comunità internazionale dall’impegnarsi in una mediazione più efficace?

R. – La Comunità internazionale, in questo momento, non può mediare efficacemente perchè non c’è in questo momento un referente palestinese unico e neanche legittimato: sia il Parlamento palestinese, sia il presidente Abu Mazen sono “scaduti” da un anno o addirittura due anni. Bisogna allora aspettare le prossime elezioni – che dovrebbero essere a settembre – per aver un interlocutore palestinesi o, forse, due.

D. – La situazione siriana e i rivolgimenti contro il regime di Damasco possono in qualche modo influire?

R. – Moltissimo. Israele – tutto sommato – fa il 'tifo' per l’attuale regime siriano, perché teme che una nuova Siria possa rimettere in discussione la questione libanese, che è già fluida di suo, e quindi rafforzare in qualche modo hezbollah, in Libano. Questo Paese viene visto da Israele come collegato ad Hamas, nella Striscia di Gaza. L’instabilità della Siria è un gravissimo problema per Israele anche perché minaccia direttamente un altro Paese, la Giordania, che già di per sé ha un equilibrio assai precario. (mg)







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