Libia, nuovi bombardamenti delle forze di Gheddafi ad Ajdabia e a Misurata. Al via
oggi la missione dell’Unione Africana a Tripoli per raggiungere la tregua
In libia la situazione sul terreno appare ancora in fase di stallo, malgrado i combattimenti
odierni soprattutto nella zona di Ajdabiya, Misurata e Brega. Intanto la diplomazia
internazionale si muove alla ricerca di un cessate il fuoco. Il servizio è di Eugenio
Bonanata:
Cessazione
immediata di tutte le ostilità e apertura di una fase di transizione in vista di riforme
democratiche. Questo il perimetro della missione dell’Unione Africana che oggi arriva
a Tripoli per attivare i primi contatti con le parti. Gli uomini di Gheddafi hanno
già messo sul tavolo una nuova costituzione, in cantiere dal 2007, da votare alla
fine della crisi. Fredda la reazione dei ribelli che chiedono la destituzione del
rais prima di avviare qualsiasi trattativa. Sulle speranze di queste ore sentiamo
il collega Cristiano Tinazzi, che si trova nella capitale libica:
"Ci
sono diversi Paesi, tra cui anche Mali e Sudafrica, tra i rappresentanti che arriveranno
nelle prossime ore a Tripoli. Non ci sono molte speranze, perché non c’è dialogo tra
le due parti".
Lo sbocco, nel breve periodo, potrebbe essere il dispiegamento
di una forza di interposizione dietro preciso mandato dell’Onu e comunque a fronte
di un accordo tra le parti. Un passo complicato, nonostante l’Unione Europea si sia
già candidata ada assumere un ruolo guida...
"E’ difficile da valutare,
il governo libico si aspetta una missione di tipo diplomatico e non militare, non
sul terreno. Potrebbe creare ancora più tensioni questo".
La soluzione
militare non basta, ha detto il numero uno della Nato, Rasmussen in vista della riunione
del gruppo di contatto, mercoledì 13 in Qatar, e dei ministri degli esteri dell’Alleanza
Atlantica il 14 e il 15 a Berlino. I ribelli chiedono ulteriore impegno contro le
forze di Gheddafi sul terreno...
"Dai comportamenti della Nato sembra
quasi che sostengano apertamente le forze ribelli. Ieri è stato intercettato un caccia
ribelle ed è stato fatto atterrare. Se fosse successo dall’altra parte, sarebbe stato
immediatamente abbattuto. Tra l’altro ieri sera il vice ministro degli esteri, ha
fatto notare appunto la violazione del mandato delle Nazioni Unite e sulla no-fly
zone ha detto: Se deve essere applicata, deve essere applicata ad entrambe le parti".
La
Nato continua a colpire i mezzi militari dei lealisti, che stamattina hanno intensificato
la battaglia nel pieno centro di Misurata e di Ajdabiya, dove gli insorti lamentano
più di trenta morti. Il Consiglio nazionale di transizione libico, intanto, cerca
appoggio diplomatico internazionale. All’Italia ha offerto aiuto nella lotta contro
l’immigrazione clandestina. Martedì, inoltre, i leader dell’organizzazione saranno
a Roma e a Lussemburgo.
Resta alta la tensione anche in altri Paesi del
mondo arabo e nord africano. Nello Yemen si segnala l’uccisione di un alto ufficiale
dei servizi segreti, all’indomani della repressione delle proteste antigovernative
- andate avanti per tutta la notte in varie città del Paese - costate la vita ad almeno
una persona. Stesso scenario anche in Sira dove fonti umanitarie riferiscono di oltre
30 vittime tra gli oppositori del governo negli ultimi due giorni. Sulla situazione
siriana Eugenio Bonanata ha intervistato Fulvio Scaglione vicedirettore di
Famiglia Cristiana ed Esperto di questioni internazionali:
R. – La Siria
si distingue abbastanza nel contesto generale, perché il regime che sembrava, almeno
teoricamente, più passibile di franare di fronte alla protesta popolare, invece si
sta drammaticamente e crudelmente dimostrando forse uno dei più solidi. Il presidente
Bashar al-Assad, il giovane presidente che sembrava per certi versi un re travicello,
invece non viene abbandonato dai responsabili dell’esercito, delle forze di sicurezza,
che fanno quadrato intorno a lui anche a costo di compiere delle vere e proprie stragi,
perché questo sta succedendo in Siria.
D. – Secondo lei, qual è il ruolo
dell’Iran in questa fase?
R. – Io credo che l’Iran sia in un angolo,
nel senso che è il Paese dove ci sono state le rivolte più significative, proprio
perché è il Paese dove meno questo era ritenuto possibile. Quindi, credo che in Iran
si teme che un contagio sarebbe difficile da contenere dentro gli schemi logori, tipici
di tutte le dittature, del complotto estero, dell’ingerenza degli altri Paesi e così
via. La canzone che il regime di Teheran canta in questi giorni - cioè del complotto
americano, giordano, saudita e così via - è abbastanza logora e mostra tutta la sua
inconsistenza, tranne forse che per un aspetto: non dimentichiamo che in Bahrein c’è
una minoranza sunnita che controlla una maggioranza sciita e che a questa maggioranza
sciita nega molti diritti e soprattutto nega il diritto di fare ciò che di solito
fanno le maggioranze: decidere, governare. L’Arabia Saudita è intervenuta militarmente
in Bahrein per appoggiare il regime sunnita e questo dà qualche tipo di ragione all’Iran,
che però mi sembra con il suo regime chiuso in un angolo senza grande capacità di
influire. (ap)