Il recupero della virtù per il futuro della città: si conclude il ciclo dei Dialoghi
in cattedrale
“Il ritorno della virtù. Un progetto educativo per la città”. Con questo tema si è
concluso ieri nella Basilica Papale di San Giovanni in Laterano il ciclo 2011 dei
Dialoghi in Cattedrale promosso dalla diocesi di Roma. C’era per noi Roberta Barbi:
La virtù
è “una disposizione abituale e ferma a fare il bene”, consente all’uomo “di dare il
meglio di sé”, di “ricercare e scegliere il bene in azioni concrete”. Così il Catechismo
della Chiesa cattolica definisce la virtù, un tema che può apparire desueto, fuori
moda, ma che nella società di oggi, o almeno in parte di essa, viene recuperato e
messo al centro del dibattito educativo, perché la virtù, come già diceva Aristotele,
non si insegna, ma si trasmette con l’esempio. L’esempio principale da seguire è quello
di Gesù: mettendoci alla sequela di Cristo interpretiamo la virtù come faceva Sant’Agostino,
che la definiva “ordo amoris”, cioè un cammino verso l’amore e verso la realizzazione
piena della persona. Ma l’uomo di oggi quando e perché ha bisogno della virtù? Ce
lo spiega il prof. Francesco Botturi, docente di Filosofia morale
all’Università Cattolica del Sacro Cuore:
“Io credo che avverta il bisogno
della virtù dove avverte la sofferenza di una scomposizione nella sua vita che non
riesce a trovare un’armonia. Parlo di sofferenza perché io credo che non ci sia, oggi,
una situazione gloriosa dell’esperienza, non abbiamo le forme di una contestazione
alternativa. Si vive, piuttosto, di quello che si riesce, spesso presupponendo che
la vita non possa essere che frammento”.
Il ritorno della virtù nella
società odierna non serve se resta semplice teoria: è necessario, invece, abituarsi
all’esercizio pratico della virtù, partendo dai contesti più semplici e vicini a ogni
uomo, come la famiglia, che in quanto prima agenzia educativa, deve farsi carico di
trasmettere l’esercizio della virtù nel quotidiano nonostante le difficoltà che si
trova ad affrontare. Una tesi sostenuta anche dal prof. Luigi Frudà,
ordinario di Metodologie e tecniche della ricerca sociale presso l’Università La Sapienza
di Roma, che spiega cosa s’intende per esercizio pratico della virtù:
“Si
intende calare nella dinamica del quotidiano e nella realtà micro, princìpi e regole
che spesso noi facciamo volare in alto nei cieli; cioè, cercare di entrare nell’esercizio
delle virtù all’interno di queste dinamiche. La famiglia è vitalissima; ha grandi
difficoltà da superare, anche funzionali, perché ci sono dinamiche strutturali incredibili
e nuove che per la prima volta dobbiamo affrontare. Il che significa che opera una
grande fatica e che ha bisogno di nuovi supporti e di nuovi sistemi, che sono tanti:
da quelli pubblici a quelli solidaristici privati”.
Nella società come
nell’esistenza umana vanno distinte la sfera individuale da quella collettiva, e gli
uomini sono chiamati a impegnarsi ad essere virtuosi sia come individui, sia come
collettività. In che modo lo chiarisce sempre il prof. Frudà:
“Come
individui si tratta di capire, nel contesto in cui opero, che cosa io possa fare nella
direzione degli altri e cosa possa aspettarmi dagli altri e chiedere agli altri, e
quindi ristabilire il contatto tra generazioni. Al livello delle politiche, bisogna
riscrivere non le politiche in termini macro, ma vedere gli effetti delle politiche
macro nel micro: non un quadro di carattere generale, talmente generale da risultare
generico; ma capire cosa succede nella piccola progettazione di ciascuna famiglia.
E questo è un lavoro possibile, ma occorre riprogettarlo”.
La virtù,
quindi, come antidoto all’atomizzazione della società, ma anche alla povertà dell’umano,
perché un uomo realizzato in essa vive esperienze eccellenti e, per dirlo con le parole
della Gaudium et Spes, “l’uomo che segue Cristo diventa veramente uomo”. Non poteva
esserci modo migliore di concludere questo ciclo di appuntamenti con la riflessione,
del quale il cardinale vicario Agostino Vallini traccia un bilancio
più che positivo:
“Io sono molto contento, perché intanto ho visto tanta
partecipazione e poi perché abbiamo potuto offrire occasioni di riflessione in serate
anche impegnative su temi che poi trovano il cuore di questi dialoghi del 2011 intorno
al libro che abbiamo presentato la scorsa volta, 'Gesù di Nazareth'. Siamo grati a
Papa Benedetto perché ci ha dato un grande tesoro in questo tempo di Pasqua”.
(gf)