Plenaria della Comece: cristianesimo a rischio estinzione in Medio Oriente
Preoccupazione dei vescovi europei per la “situazione opprimente” in cui vivono i
cristiani del Medio Oriente e per “il pericolo di vedere scomparire il cristianesimo
da luoghi in cui è nato e ha posto la sua dimora per più di due millenni”. Ad esprimerla
- come riferisce il Sir - è mons. Adrianus van Luyn, vescovo di Rotterdam e presidente
della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) aprendo a Bruxelles
i lavori della sessione plenaria di primavera dell’organismo europeo nell’ambito del
quale quest’anno si è svolto l’incontro su “Le Chiese cristiane nel Maghreb e nel
Mashriq”. “Siamo ancora scioccati – ha detto il presidente Van Luyn – dagli attentati
sanguinari contro le Chiese cristiane in Egitto e Iraq”. Ed ha aggiunto riferendosi
alle rivoluzioni che si sono svolte in questi ultimi mesi nei paesi del Nord Africa,
in nome della libertà e democrazia: “Nonostante le evoluzioni di queste ultime settimane,
la situazione delle minoranze cristiane resta precaria. Occorre pertanto proteggerle”.
Il presidente della Comece, parlando nella sua prolusione anche della drammatica catastrofe
che ha colpito il Giappone, ha quindi auspicato una pausa di riflessione sull’utilizzo
dell’energia nucleare e soprattutto sugli stili di vita che richiedono un sovra-utilizzo
di energia. Per il cardinale Antonios Naguib, patriarca copto cattolico di Alessandria,
intervenuto ai lavori, la corruzione diffusa, la povertà, la crisi sociale, la soffocante
atmosfera politica sono state le cause che hanno scatenato le manifestazioni del 25
gennaio in Egitto che hanno dato vita “al movimento per il rinnovamento” dei giovani
di piazza Tahrir che ora “rischia di essere oscurato”. Il cardinale ha avvertito del
rischio che “i Fratelli musulmani possano strappare di mano ai giovani egiziani questo
rinnovamento. Al contrario dei Fratelli Musulmani il movimento giovanile non ha leader
riconosciuti, strutture per affrontare con qualche possibilità le prossime elezioni.
Hanno bisogno di tempo che non hanno”. Altro fattore di rischio per la transizione
democratica in Egitto è rappresentato, secondo il card. Naguib, dal dibattito sull’articolo
2 della Costituzione, che prevede che fonte principale del diritto sia la legge islamica.
“Come chiesa abbiamo deciso di non sollevare la questione per non pregiudicare la
coesione nazionale, rimandandola a quando il cambio della Costituzione sarà realtà.
Noi propendiamo per la democrazia e per questo ci preoccupa se questo articolo verrà
mantenuto nell’impianto della futura Costituzione” ha ribadito il porporato ricordando
come “nel Paese l’uguaglianza non venga applicata a tutto tondo” nonostante ci siano
articoli che lo prevedano. “Nel movimento del 25 gennaio non ci sono motivazioni religiose
– ha concluso Naguib – l’inizio roseo ora rischia di essere oscurato ma continuiamo
a sperare in questi giovani”. Da parte sua, l’arcivescovo maronita di Cipro, mons.
Youssef Soueif, ha rilevato che “i cristiani resteranno in Medio Oriente nonostante
le difficoltà. È giunto il tempo di inchinarsi a questa gente che vive l’ingiustizia”.
“I cristiani, come detto anche dal Sinodo per il Medio Oriente, sono portatori di
cultura e di speranza, di pace e di riconciliazione – ha rimarcato il presule – e
per questo motivo rappresentano una necessità sia per i musulmani che per i non credenti”.