2011-04-07 14:05:47

Immigrazione: scontro Francia-Italia. Il dolore del Papa per la nuova tragedia del mare. Vegliò: l'Europa non sia egoista


Sono riprese le ricerche dei dispersi, oltre 250, coinvolti nel tragico naufragio di un barcone avvenuto martedì notte a sud di Lampedusa, in acque maltesi, ma le condizioni del mare restano proibitive. Intanto dall’isola sono stati trasferiti i 53 migranti salvati ieri. Una vicenda seguita dal Papa con viva preoccupazione e sgomento. Ascoltiamo il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:RealAudioMP3

"La tragedia della morte in mare di un gran numero di migranti che dalle coste dell’Africa settentrionale cercano di raggiungere l’Europa ha colpito profondamente il Santo Padre, che segue con partecipazione e preoccupazione le vicende dei migranti in questo periodo drammatico. Il Santo Padre e tutta la Chiesa ricordano nella preghiera tutte le vittime di ogni nazionalità e condizione, anche donne e bambini, che perdono la vita nel terribile viaggio per sfuggire alle situazioni di povertà, o di ingiustizia o di violenza da cui sono afflitte, alla ricerca di protezione, accoglienza e condizioni di vita più umane. Ricordiamo che fra le vittime di queste tragedie nel Mediterraneo vi sono migranti eritrei cattolici che si trovavano in Libia e partecipavano anche alla vita della comunità cattolica".

Oggi, intanto, in Italia si è svolta alla Camera l’informativa del ministro dell’Interno Maroni che ribadisce: “l’Europa non può continuare a lasciarci soli”. Quindi ha annunciato il decreto con la concessione del permesso di soggiorno temporaneo a chi è giunto in Italia. Dal canto suo la Francia fissa 5 dure regole per gestire gli ingressi dai Paesi terzi. Sul tema dell’immigrazione è tornata anche la Conferenza episcopale italiana: “l’Italia – dicono i vescovi - rischia di dividersi sull’accoglienza”. Il servizio di Cecilia Seppia:RealAudioMP3

E’ stata la notte del dolore a Lampedusa e insieme delle conferme drammatiche sul naufragio avvenuto in acque maltesi a 39 miglia dall’isola: circa 250 persone risultano ancora disperse. Alle prime luci dell’alba sono riprese le ricerche, con il mare forza 5 e le raffiche di maestrale, ma per ora non c’è traccia di vita in quel cimitero di corpi che è il Mediterraneo. La polemica sulla competenza delle operazioni di soccorso e intervento tra Italia e Malta va avanti, mentre da Agrigento tuona la voce del vescovo, mons. Montenegro: “Sono morti che pesano sulla coscienza di tutti - dice il presule - la colpa di questo naufragio – afferma - non è del mare, ma dell’indifferenza e di regole sbagliate”. Intanto i 53 migranti tratti in salvo ieri dalla Guardia costiera italiana sono stati trasferiti con un ponte aereo a Brindisi. Nei loro occhi ancora paura e il dolore per la perdita di parenti e amici: alcuni sopravvissuti hanno raccontato gli istanti prima del dramma: l'euforia alla vista della motovedetta, l’errore di spingersi alzandosi in piedi, la calca per guadagnare un centimetro, mentre le onde inghiottivano uomini, donne e bambini senza pietà. C’è anche il racconto dei soccorritori che dicono di aver visto letteralmente volare a grappoli centinaia di persone in mare. Ci sono poi le lacrime di Ebbi, un papà libico di 19 anni che ha perso suo figlio di appena 3 mesi: “L’acqua me l’ha strappato, ho fatto di tutto” continua a ripetere. Intanto il dibattito politico sull’emergenza immigrazione va avanti. Alla Camera, dove è stato osservato un minuto di silenzio per le vittime, il ministro dell’Interno Maroni ricorda i numeri di quest'ultima immigrazione: da gennaio ci sono stati 390 sbarchi e 25.800 arrivi, poi annuncia la concessione del permesso di soggiorno temporaneo a chi è giunto in Italia, che consentirà di circolare nei Paesi dell’area Schengen. Quindi il titolare dell’Interno ha sollecitato l’adozione da parte dell’Ue di accordi bilaterali con i Paesi nordafricani e ribadito: “L’Europa non ci lasci soli”. Un appello accorato alla comunità internazionale arriva anche da don Mussie Zerai, sacerdote eritreo presidente dell’Agenzia Abeshia per la Cooperazione allo Sviluppo:

“Se la comunità europea ci avesse ascoltato quando noi, insieme anche al vescovo di Tripoli, lanciavamo l’appello ad evacuare queste persone insieme ai cittadini europei che lasciavano la Libia, non saremmo qui a contare i morti e i dispersi. Quello che noi ci sentiamo di fare ancora oggi è lanciare un appello per un piano di evacuazione, aprendo un corridoio umanitario sia dalla Libia, in Tunisia o in Egitto del Sud. C’è il rischio che queste persone, se non troveranno un sostegno, un’accoglienza da qualche parte, si affideranno, per la disperazione, ai barconi e al mare”.

Ma la Francia serra i ranghi e fissa dure regole per l’ingresso da Paesi terzi: soggiorni che non superino tre mesi; essere in possesso del passaporto o di un documento valido emesso da uno stato membro dello spazio Schengen. Titoli e autorizzazioni accettabili solo se notificate alla commissione Ue dallo Stato che li ha emessi; gli stranieri dovranno poi giustificare di avere risorse sufficienti e di non rappresentare una minaccia per l’ordine pubblico, altrimenti – si legge nella nota - verranno riconsegnati allo stato di provenienza. La Cei, da parte sua, torna a ribadire l’importanza dell’accoglienza dei migranti auspicando che l’Italia su questo tema non rischi di dividersi. Ciò che emerge dice il segretario generale della Cei, mons. Crociata, è un eccesso di paura verso lo straniero bisognoso e il diverso, oltre all’incapacità di comprendere quanto sta avvenendo.

Su questa nuova tragedia del mare Fabio Colagrande ha intervistato mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti:RealAudioMP3

R. - Anzitutto desidero esprimere la mia profonda tristezza per il tragico naufragio, ieri, di un barcone che trasportava 250-300 persone, nessuno lo sa con precisione: uomini, donne e bambini in fuga dall'Africa. Le condizioni proibitive del Mare nostrum hanno inghiottito i loro sogni, come quelli di altri che attraversano questo crocevia della disperazione. Purtroppo la scelta dei barconi via mare, in mano - spesso - a contrabbandieri e trafficanti senza scrupolo, è un’estrema alternativa dettata dall’impossibilità di utilizzare altri mezzi, dato che da tempo i Paesi europei hanno chiuso i confini, introducendo norme restrittive sugli ingressi di questi poveri disgraziati.

D. - In Europa aumenta la preoccupazione per l’improvvisa crescita del flusso migratorio proveniente dal Nord Africa verso il Vecchio Continente: un fenomeno epocale che - come in Italia, a Lampedusa - può creare gravi situazioni umanitarie. Quale atteggiamento deve avere la comunità cristiana rispetto a questa vicenda?

R. - Desidero nuovamente fare appello alla solidarietà e all’accoglienza. L’Italia, lo scorso anno, occupava - tra i Paesi industrializzati - il 14.mo posto per l’accoglienza dei rifugiati; i Paesi Bassi, con un territorio più piccolo e una popolazione meno numerosa, hanno accolto il doppio dei rifugiati rispetto all’Italia; anche la Francia ha ospitato più rifugiati, con una percentuale del 13 per cento, mentre l’Italia ha una percentuale di rifugiati di soltanto il 2 per cento. Gli eventi in Italia, certo, possono apparire drammatici, ma sono ancora in un certo contesto e non bisognerebbe esasperare quanto sta accadendo. L’Italia, in fondo, è una grande potenza economica, industriale, sociale: quindi potrebbe avere la possibilità, con certe regole precise, di non spaventarsi troppo di fronte ad un fenomeno che esiste e che disgraziatamente, forse, va aumentando. Quello che veramente si desidererebbe è che l’Europa - non solo l’Italia - prendesse un pochino più a cuore la situazione e studiasse come affrontare e come risolvere questo problema. Non lo si può risolvere solamente con delle leggi punitive: bisogna pure darsi un po’ di pene per vedere come noi, popoli industriali e ricchi, possiamo risolvere questo problema, che esiste! Si possono cacciare, ma rientreranno da un’altra parte. Non c’è niente da fare… In secondo luogo, bisogna distinguere tra coloro che giungono dalla Libia e quanti giungono dalla Tunisia: quelli che provengono dalla Libia, attualmente zona di guerra, non dovrebbero essere respinti; quanti invece arrivano dalla Tunisia rientrano nei flussi di migrazione miste, migranti e rifugiati insieme. Ciascuno di loro dovrebbe essere sottoposto ad uno screening per vagliare il diritto alla protezione, come giustamente si sta orientando a fare l’Italia. In fondo, in questa situazione, l’Italia - sarà perché è la nazione più vicina, sarà anche per la presenza della Chiesa - penso di poter dire che si sta comportando abbastanza bene e il popolo di Lampedusa è stato esemplare. Altrettanto importante è l’adozione del permesso temporaneo, che offre solidarietà a chi ne beneficia, mentre incoraggia la cooperazione sia sul territorio italiano che a livello europeo. L’intervento dei vescovi italiani rispecchia poi il richiamo del Vangelo sull’accoglienza umana e fraterna. I vescovi, come tali e come Cei, hanno messo a disposizione 2.500 posti nelle varie diocesi. L’Europa deve riflettere seriamente su ciò che significa rimanere nella regione dalla quale i rifugiati fuggono: generalmente si afferma che essi dovrebbero recarsi nei Paesi vicini, ma se questo fosse applicato alla Libia comporterebbe che i rifugiati di quel Paese vengano accolti in Europa. Ciò significa che l’Europa deve prendersi le sue responsabilità per assolvere i suoi doveri di protezione dei rifugiati e dimostrare cosa significhi solidarietà e condivisione. L’arrivo degli altri può dare fastidio, ma non è cristiano questo egoismo: dobbiamo aprirci anche agli altri, anche politicamente parlando perché tanto è un fenomeno che non si può fermare. Questo c’è e ci sarà e bisogna darsi una regolata… (mg)







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