'Esprimo la mia profonda
tristezza per il tragico naufragio di ieri. La scelta dei barconi via mare è un'estrema
alternativa dettata dall'impossibilità di utilizzare altri mezzi, dato che da tempo
i Paesi Europei hanno chiuso i confini, introducendo norme restrittive sugli ingressi'.
Così, il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti
e gli itineranti, arcivescovo Antonio Maria Vegliò, commenta la tragedia
avvenuta nelle ultime ore nel Canale di Sicilia. 'L'arrivo di profughi e migranti
dal Nord-Africa può dar fastidio - aggiunge il vescovo - ma non è cristiano questo
egoismo. Dobbiamo aprirci agli altri, anche politicamente parlando, perché è un fenomeno
che non si può fermare, dunque dobbiamo darci una regolata'. 'Se la comunità europea
ci avesse ascoltato quando noi, insieme al vescovo di Tripoli, lanciavamo l’appello
per evacuare i profughi africani dalla Libia, non saremmo qui a contare i morti e
i dispersi' riflette don Mussie Zerai dell'Agenzia Abeshia. 'Chiediamo un
piano di evacuazione, un corridoio umanitario dalla Libia, dalla Tunisia o dall'Egitto
del Sud. C’è il rischio che queste persone, se non troveranno vie di fuga assistite,
si affidino ancora, per la disperazione, ai barconi e al mare”.