Tragedia del mare al largo di Lampedusa: oltre 250 dispersi
Sono arrivati a Lampedusa i 47 migranti coinvolti nel tragico naufragio di questa
notte a sud dell’isola; oltre 250 immigrati, secondo testimoni oculari, rimangono
dispersi e circa 20 corpi sono stati avvistati in acque maltesi. La sessione plenaria
del Parlamento europeo a Strasburgo ha osservato un minuto di silenzio. E mentre da
Lampedusa proseguono i trasferimenti degli extracomunitari, Monsignor Bruno Schettino,
vescovo di Capua e Presidente della Commissione migrazione della Cei auspica che “il
reato di clandestinità venga tolto e che tutte le regioni partecipino nell’accoglienza”.
Massimiliano Menichetti:
47 persone
con l’incubo negli occhi e la consapevolezza di essere ormai in salvo. L’immagine
è del molo di Lampedusa che ha accolto i pochi superstiti del naufragio di questa
notte a circa 39 miglia dall’isola, in acque maltesi. Uomini, donne e bambini partiti
tre giorni fa dalla Libia di nazionalità somala ed eritrea, raccontano la tragedia.
Sono oltre 300, stipati su una carretta del mare di 13 metri, le onde sono forza 4
ed in un momento la gioia della salvezza diventa tragedia, tutti finiscono sott’acqua
proprio mentre sono agganciati dalla motovedetta della Guardia Costiera. Donne e bambini
- dicono con gli occhi bagnati dalle lacrime - sono scomparsi tra le onde e molti
sono morti per salvarli. Oltre 250 risultano tutt’ora dispersi, 20 corpi senza vita
sono stati avvistati questa mattina nei pressi del naufragio. Le autorità maltesi
hanno assunto formalmente l’incarico di recuperare le vittime. Nonostante le proibitive
condizioni meteo, non si smette di cercare eventuali superstiti, ma con il passare
delle ore le speranze si affievoliscono sempre di più. Intanto a Lampedusa proseguono
i trasferimenti, nella notte sono arrivati altri 354 immigrati: tunisini, eritrei,
somali ed etiopi. E mentre l’Ue auspica progetto operativo ''speciale'' tra Europa
e Tunisia per affrontare l'emergenza immigrazione, ieri, Roma e Tunisi hanno raggiunto
un accordo che prevede tra l’altro la collaborazione per il blocco delle partenze
dalle coste africane ed il rimpatrio di chi è giunto sulle coste italiane senza permesso.
Laura Boldrini portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per i rifugiati:
R. – Questa è una giornata di lutto, perché sembrerebbe
che siano morte oltre 200 persone, nel tentativo di scappare dalla Libia e trovare
un posto sicuro dove stare. I sopravvissuti sono giunti a Lampedusa con il terrore
in volto, in stato di shock. Tra loro c’è chi ha perso un figlio, c’è chi ha perso
un fratello e, in base alle prime testimonianze, sembrerebbe che a bordo ci dovrebbero
essere state 30 donne: sopravvissute ce ne sono solo due, di cui una incinta.
D.
– Da dove sono partiti?
R. – Dicono di essere partiti dalla Libia, in
un posto tra Duara e Tripoli, di nome Sabratha, tre giorni fa, ed essersi poi trovati
con un mare molto forte, e di avere chiamato i soccorsi. Evidentemente, però, il mare
era troppo grosso, perché queste persone potessero essere trasportate.
D.
– Oggi ci si domanda se era una tragedia evitabile. Coordinamento e aiuto sulle coste
di partenza potrebbero essere delle vie?
R. – Sarebbe la cosa migliore
da fare: riuscire a fare in modo che queste persone possano essere trasferite altrove,
senza dover rischiare la vita in mare. Per fare questo, però, ci deve essere la disponibilità
di altri Stati di offrire a queste persone che si trovano intrappolate in Libia, la
possibilità di mettersi in salvo legalmente. (ap)
Italia e Tunisia, dunque,
hanno raggiunto un protocollo d’intesa per fronteggiare l’emergenza immigrazione.
Il ministro italiano Roberto Maroni ha annunciato l’intesa ieri al suo rientro da
Tunisi. Oggi verrà inoltre firmato il decreto del presidente del Consiglio che prevede
la concessione del permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi ai circa 20mila tunisini
arrivati dall'inizio dell'anno in Italia. Con questo permesso potranno muoversi nell'area
dei Paesi europei che hanno sottoscritto gli accordi di Schengen sulla libera circolazione.
Un provvedimento che avrà esclusivamente valore per coloro che sono entrati prima
della sua emanazione. Ad Alessandro Speciale, giornalista che si trova a Tunisi
Stefano Leszczynski ha chiesto quale sia l’atmosfera nel Paese nordafricano.
R. – La Tunisia
adesso è un Paese tranquillo, dove la vita quotidiana è difficile, dove le scuole
hanno ricominciato a funzionare, ma è anche un Paese in fermento. Le elezioni che
eleggeranno l’assemblea costituente dopo la rivoluzione sono previste per il 24 luglio.
C’è speranza, c’è attesa per questo grande movimento che finalmente si va a concretizzare
e, allo stesso tempo, c’è anche preoccupazione che la rivoluzione possa essere rubata,
che qualcosa possa andare storto e che le speranze democratiche possano essere tradite.
D.
– In questa situazione, quali sono i motivi principali che spingono, soprattutto i
giovani, all’emigrazione?
R. – E’ un problema che rimane un puzzle anche
per gli stessi tunisini. Parlavo oggi con una giornalista di una radio di opposizione,
che mi diceva: “Questi giovani sono stati manipolati, perché è difficile capire come
in un momento come questo, dopo una rivoluzione, quando c’è più speranza per il futuro,
la gente debba scappare così”. Molti, apparentemente, sono ex poliziotti e quindi
sentono di non avere più possibilità in questa Tunisia. Allo stesso tempo, molte delle
leggi repressive che c’erano sotto il regime precedente sono state tolte e quindi
è come se fosse stato tolto un tappo e adesso molti se ne vanno. Ma allo stesso tempo
le proporzioni del fenomeno rimangono comunque superiori, come se fosse stato organizzato
precedentemente.
D. – L’Italia ha cercato di stringere degli accordi
con le nuove autorità tunisine per riprendere il controllo dei flussi migratori...
R.
– Le autorità tunisine sono rimaste un po’ scettiche della pressione italiana. La
Tunisia ha affrontato una difficile crisi economica. Allo stesso tempo, le autorità
tunisine dicono: “Noi abbiamo accolto e aiutato quasi 200 mila profughi, che venivano
dalla Libia. Quindi, viene difficile metterci in questa posizione, adesso che la situazione
per noi è già così difficile”. C’è, quindi, un certo scetticismo e si guarda con una
certa difficoltà: si pensa che non bisognerebbe essere così duri e che il problema
non sia così enorme con tutto quello che la Tunisia ha tra le mani in questo momento.(ap)