Anniversario del terremoto ieri in Abruzzo. Napolitano agli aquilani: il Paese non
vi dimenticherà
Giornata di lutto ieri all’Aquila nel secondo anniversario del terribile terremoto,
che nella notte tra il 5 ed il 6 aprile 2009 scosse l’Abruzzo uccidendo 309 persone
e ferendone oltre 1600. Stamane l’arrivo del presidente della Repubblica Napolitano,
che ha rassicurato gli aquilani che il Paese non li dimenticherà. Con il capo dello
Stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Insieme hanno
partecipato alla Messa di suffragio per le vittime nella Basilica di Collemaggio,
celebrata dall’arcivescovo Giuseppe Molinari. Il servizio della nostra inviata Antonella
Palermo:
“I
riflessi del sole di primavera filtrano attraverso la cupola absidale distrutta e
ricoperta di ponteggi trasparenti. La luce vuole entrare, così come la speranza, nei
cuori degli aquilani, a scansare la rassegnazione e lo scoramento che sembrano spesso
avere il sopravvento. Se crediamo all’amore di Dio, che non ci abbandona mai, allora
tutto diventa più certo – ha detto l’arcivescovo dell’Aquila, mons. Molinari, nell’omelia
della Santa Messa di stamattina a Collamaggio. Il presule ha invitato a credere davvero
alla risurrezione: “La vita è un mistero – ha ricordato – dietro cui si nasconde un
mondo nuovo di luce, di pace e di bontà”. Non è mancata, tra le invocazioni dell’assemblea,
quella per coloro che hanno responsabilità pubbliche affinché possano sempre più lavorare
nell’unità alla ricostruzione. E poi, il ringraziamento al presidente Giorgio Napolitano,
che ha portato all’Aquila la vicinanza dell’Italia intera:
“Deve essere
chiaro che per noi L'Aquila vale quanto la più grande delle città storiche del Paese.
Abbiamo grandi città storiche: ne abbiamo di medie dimensioni ed anche piccole e tutte
costituiscono un patrimonio prezioso, un tesoro del nostro Paese, riconosciuto internazionalmente.
Anche con questo occhio guardiamo all'Aquila".
I terribili momenti del
terremoto sono stati rivissuti la scorsa notte dagli aquilani. In ventimila hanno
sfilato nel centro storico della città ed atteso in piazza Duomo le 3.32: l’ora tragica
che ha segnato la distruzione del capoluogo abruzzese e di altri 56 Comuni. Nel silenzio,
i 309 rintocchi della campana della chiesa delle Anime Sante, accompagnati dalla lettura
dei nomi delle vittime. Un passato da superare senza dimenticare. Ascoltiamo alcune
voci di giovani raccolte dalla nostra inviata:
“Bisogna
comunque guardare avanti. Speriamo che si riaggiusti tutto … Magari, a volte vogliono
far credere cose che non sono vere … Questa sera siamo qui, a maggior ragione, per
poter ricordare: perché soprattutto non bisogna dimenticare!”.
“Ho visto
la morte in faccia. Abbiamo raggiunto la consapevolezza che quello che c’era prima
non lo riavremo a breve, e quindi adesso viviamo nella speranza che torni tutto come
prima. Ma siamo consapevoli del fatto che non sarà facile!”.
Tra i sopravissuti
una suora, tra molte altre, che non ha voluto lasciare la terra abruzzese:
“La nostra
casa è andata completamente distrutta; noi suore viviamo in una piccola casetta di
legno. Sarebbe stato più facile, più semplice andare via. Siamo rimaste qui perché
ci crediamo: dobbiamo starci, con tutti, con tutte le famiglie, con la gente che ci
sta accanto. Ci stiamo battendo tantissimo per creare punti di aggregazione, specie
per i ragazzi che sono forse i più svantaggiati, quelli che sicuramente ne risentiranno:
anche se non adesso, sicuramente tra qualche anno. Se non riusciremo a ricostruire
– oltre alla città – anche il tessuto sociale, potremo avere dei grossi problemi”.
Tante
le attese della popolazione insoddisfatta per una ricostruzione materiale ma anche
sociale che tarda a ripartire. Ma i tempi saranno lunghi, dichiara Gianni Chiodi,
presidente della Regione Abruzzo, Commissario straordinario per la ricostruzione,
ancora al microfono di Antonella Palermo:
“Sappiamo
che la ricostruzione è partita con la fase di messa in sicurezza di tutti i fabbricati;
la seconda fase è rappresentata da una normativa che adesso c’è. Manca il piano di
ricostruzione, ma devono farlo i Comuni, quel piano di ricostruzione dei centri storici:
questo è previsto dalla legge. E prima avviene, e meglio è, altrimenti il centro storico
non parte mai. Poi c’è tutta una fase di progettazione: qui i privati si sono costituiti
in consorzi ed hanno fatto progetti che devono arrivare a livello di esecutività,
e dopo partono i cantieri. Consideri che, da quando sono commissario io, cioè dal
primo febbraio, la popolazione che è rientrata nelle case sfiora le 20 mila unità.
Sono persone che hanno rimesso a posto i loro immobili, classificati b e c, quindi
quelli meno danneggiati. Per quanto riguarda invece gli immobili più danneggiati,
sappiamo bene che ricostruire tutti gli immobili che, soprattutto nel centro storico
hanno una grande valenza sia in termini di pregio, sia addirittura di vincoli da parte
della Sovrintendenza, ci vorranno – se saremo bravi, se la comunità sarà brava, se
saranno bravi anche i soggetti attuatori che non sono il governo: sono i comuni, sono
i privati, sono il Provveditorato alle opere pubbliche, sono la Provincia dell’Aquila
- se tutti questi soggetti saranno bravi, ci vorranno almeno dieci anni!”.
Ma
intanto il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, si dice molto preoccupato
per i suoi concittadini:
“E’ chiaro
che vanno date delle risposte. Guardi, io non voglio fare polemica. C’è stata una
prima fase, gestita sostanzialmente – a mio avviso – bene: si è fatto quello che si
poteva fare. E’ partita e abbiamo completato la ricostruzione leggera. Non è partita
la ricostruzione pesante e non si è fatto nulla per il rilancio economico-produttivo.
Sono molto preoccupato: stanno emergendo alcuni segnali, sta subentrando un po’ di
scoramento con un po’ di rassegnazione. Questa è la cosa più pericolosa che ci possa
capitare”. (gf)