2011-04-05 15:30:23

In Afghanistan e Pakistan, ancora violenze dopo il rogo del Corano


Proseguono in Pakistan e Afghanistan le violente proteste suscitate dal rogo del Corano eseguito da un pastore evangelico negli Usa, il 20 marzo scorso. In Afghanistan le reazioni degli estremisti islamici hanno già causato 30 morti da venerdì scorso, quando è stato assaltato il Palazzo dell’Onu a Mazar-i-sharif e sono continuati sabato con gli scontri a Kandahar. Padre Giuseppe Moretti, superiore della "Missio sui iuri" a Kabul, ha invitato la comunità a pregare e ha condannato il gesto del pastore statunitense. “Bruciare un testo sacro, di qualsiasi religione, è un atto gravissimo e sacrilego perché la libertà non è offendere quanto per altri è sacro – ha detto ad AsiaNews – è invece un atto contrario allo stesso cristianesimo, religione che insegna ad amare tutti, anche chi la pensa in modo diverso”. Anche in Pakistan le reazioni al rogo sono state violente, con tre attacchi nel giro di una settimana da parte degli estremisti e le minacce a un cristiano di venire accusato di blasfemia. Si tratta di Mash Gill, residente a Mardan, nella provincia settentrionale di Khyber Pakhtunkhwa, che avrebbe ricevuto l’ultimatum: “Convertiti o morirai”. L’uomo è assistito dall’organizzazione umanitaria Masihi Foundation, che si occupa già da tempo di Asia Bibi. “La storia di Gill è una delle tante in questa assurda escalation di violenza che vede quotidianamente morti e feriti e luoghi di culto tra i bersagli prescelti – testimonia alla Fides il direttore Haroon Masih – sembra che nessuno intervenga e che le autorità civili siano immobili”. Sulle stesse corde la testimonianza del segretario esecutivo della Commissione Giustizia e pace dei vescovi pakistani, Peter Jacob: “È un momento difficile per la comunità cristiana, oggetto di una campagna di odio e intolleranza – ha detto – ma noi continuiamo a essere impegnati a denunciare e contrastare le discriminazioni esistenti nella società”. (R.B.)







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