2011-04-05 11:56:41

Il diritto all’educazione nei documenti del Concilio Vaticano II: la riflessione di padre Kowalczyk


L’importanza dell’educazione per la formazione dell’uomo è tra i temi su cui si sono confrontati i Padri Conciliari del Vaticano II. Particolarmente importante al riguardo è la dichiarazione “Gravissimum educationis”, pubblicat a nel 1965. Ascoltiamo in proposito il commento del padre gesuita Dariusz Kowalczyk, nella 22.ma puntata della nostra rubrica dedicata ai documenti del Concilio Vaticano II:RealAudioMP3

L’impegno educativo della Chiesa cattolica è da secoli ampio e multiforme. Il Concilio ha formulato alcuni principi universali che riguardano l’educazione. Prima di tutto, la dichiarazione “Gravissimum educationis” afferma che “tutti gli uomini di qualunque razza, condizione ed età, in forza della loro dignità di persona hanno il diritto inalienabile ad una educazione” (n. 1).

I primi e i principali educatori sono i genitori. La famiglia è dunque la prima scuola. Questo compito educativo che spetta ai genitori va difeso ed appoggiato da tutta la società. I genitori cattolici sono i primi che introducono i figli alla Chiesa e li educano nella fede. Perciò si può dire che la condizione della Chiesa dipende soprattutto dalla condizione delle famiglie cattoliche.

Il Concilio dice chiaramente che “tutti i cristiani […] hanno diritto a un'educazione cristiana” (n. 2). Perciò le sovvenzioni pubbliche sul campo di educazione dovrebbero essere erogate “in maniera che i genitori possano scegliere le scuole per i propri figli in piena libertà, secondo la loro coscienza” (n. 6). Dunque, lo stanziamento di fondi pubblici per le scuole cattoliche non è un favore per la Chiesa, bensì il giusto riconoscimento del diritto delle famiglie di scegliere la scuola che desiderano per i loro figli.

La Chiesa offre il suo servizio educativo non soltanto ai cattolici, ma anche ai non-cattolici. E lo fa senza nessun proselitismo. Il Concilio afferma: “la Chiesa ha sommamente a cuore anche quelle scuole cattoliche le quali, specie nei territori di missione, son pure frequentate da alunni non cattolici” (n. 9).

È anche da notare che i Padri conciliari si rivolgono ai giovani, perché siano pronti a intraprendere il compito educativo “in quelle regioni dove lo scarso numero di maestri mette in pericolo l'educazione della gioventù” (Conclusione).







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