Emergenza immigrati, il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Mogavero: i rimpatri non
siano deportazioni
I governi di Italia e Tunisia cercano di trovare una soluzione all’emergenza immigrazione.
Ma, all’indomani dell’incontro a Tunisi tra il presidente del consiglio dei ministri
italiano, Silvio Berlusconi, ed il premier tunisino, Beji Kaid Essebsi, non è stata
ancora raggiunta un’intesa sui rimpatri e sulle misure da adottare per contenere i
flussi migratori. A Lampedusa, intanto, sono ripresi gli sbarchi. Nelle ultime 24
ore, sono almeno 840 gli immigrati arrivati sull’isola. Su questa emergenza si sofferma,
al microfono di Fabio Colagrande, il vescovo di Mazara del Vallo, mons.
Domenico Mogavero, membro della Commissione Cei per l’immigrazione:
R. – Noi,
come Chiesa, siamo interessati all’uomo, alla sua dignità, ai suoi diritti, soprattutto
siamo vicini all’uomo che soffre, all’uomo che vive una situazione di grave attentato
alla sua sicurezza e alla sua dignità di creatura, figlia di Dio. Nessuno di noi può
stare con le mani in mano, nessuno ha la ricetta per risolvere il problema. Ma se
ognuno di noi potesse creare le premesse per sedersi attorno ad un tavolo, affrontare
l’emergenza invocando la presenza dell’Europa, ancora piuttosto distante, e far fronte
adesso a questa situazione, per rimandare poi ad un secondo momento la fase di un
intervento in loco per uno sviluppo della realtà tunisina, probabilmente si darebbe
un apporto concreto. Probabilmente qualcosa si riuscirebbe a muovere e usciremmo da
una situazione di grandissima incertezza. In questo momento la situazione è molto
più grave, perché c’è un’emergenza umanitaria da tutti riconosciuta e per la quale
in pochi si stanno adoperando.
D. – Come vescovo, come vede la possibilità
dei rimpatri? Entro quali limiti sono possibili questi rimpatri?
R.
– I rimpatri, perché non siano deportazioni all’incontrario, devono essere concordati
certamente con il governo tunisino, anche perché bisogna accertare la nazionalità
o la provenienza di queste migliaia di persone che sono sbarcate a Lampedusa o comunque
sulle coste siciliane o sulle isole attorno alla Sicilia. Bisognerà concordare i termini.
Sono partiti dalla Tunisia perché cercano un futuro migliore più o meno immediato,
cercano una sicurezza economica. Se si concordano i vari passaggi, soprattutto se
ci si impegna con progetti credibili e attuabili da impiantare in Tunisia a livello
di piccole aziende, oltre che di realtà più grandi dal punto di vista delle capacità
finanziarie, credo che il domani sarà meno nebuloso. Quindi, la possibilità oggi di
intervenire con un freno che non sia soltanto di blocco degli imbarchi, può essere
credibile e praticabile.(ap)