Il cardinale Sandri: non la forza ma il dialogo risolve le crisi. Appello a sostenere
i cristiani in Terra Santa
La Terra Santa “attende la fraternità della Chiesa universale e desidera ricambiarla
nella condivisione dell’esperienza di grazia e di dolore che segna il suo cammino”:
è quanto scrive il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione
per le Chiese Orientali, nella Lettera per la Colletta del Venerdì Santo. Su questo
messaggio ascoltiamo il porporato al microfono di Romilda Ferrauto:
R. – E’ un
messaggio innanzitutto di sensibilizzazione, perché tutti gli avvenimenti che stanno
succedendo in Medio Oriente hanno anche un influsso decisivo o delle conseguenze per
i nostri cristiani in Terra Santa. Noi pensiamo, in primo luogo, per la Terra Santa,
a questi spazi dove Gesù ha vissuto, dove Gesù è passato e, quindi, la colletta è
anche un sostegno per questi luoghi santi che, strettamente parlando, si trovano in
Israele, Palestina e Giordania. Evidentemente, però, il Libano, l’Egitto, dove anche
Gesù è stato, il Sinai, Abramo che lascia la Mesopotamia, tutto questo ambiente biblico
dell’Antico Testamento e, soprattutto, ovviamente, di Gesù, del Nuovo Testamento,
viene in questi giorni, con tutti questi avvenimenti, toccato in una maniera molto
speciale e fa ancora vedere una situazione di insicurezza per i nostri cristiani,
che sono le pietre vive. Noi difendiamo i luoghi santi, che sono luoghi fisici, dove
Gesù è passato, dove è stata la sua persona - come Verbo incarnato ha vissuto tra
di noi - e c’è però tutta la questione delle pietre vive, che sono i cristiani e che
vivono lì. Vogliamo sensibilizzare i nostri fratelli cristiani, perché sostengano
la Terra Santa, sostengano i luoghi santi e sostengano i nostri fratelli. Noi siamo
tanto contenti nel sapere che sono aumentati i pellegrinaggi, che sono aumentate le
presenze di cristiani, che vanno alla ricerca di Gesù, proprio nella sua terra, dove
lui ha vissuto: crescono, e questi pellegrinaggi sono portatori di vita spirituale
per quelli che li fanno, ma anche di sostegno per questi cristiani che vivono lì e
per i luoghi santi che vengono da loro visitati. Vogliamo veramente che nella Chiesa
non si spenga questo lume, che viene dalla terra di Gesù, e non vogliamo che sia soltanto
un gesto, che speriamo generoso e concreto, di aiuto per la Terra Santa: vogliamo
anche che cresca in noi cattolici occidentali, e in tutti i cristiani del mondo, una
specie di spiritualità della Terra Santa, che è stata evocata anche dal Santo Padre.
Noi come cristiani non possiamo vivere se non inseriti a Betlemme, a Nazareth, a Gerusalemme,
a Betania, a Emmaus, cioè in tutti quei luoghi, dove non solo fisicamente, ma spiritualmente,
la nostra spiritualità deve rispecchiare anche questa realtà di Gesù che cresce, che
predica, che fa discepoli, che alla fine poi muore e risuscita a Gerusalemme.
D.
– Il mondo intero in questi giorni ha lo sguardo rivolto verso questa regione del
mondo, dove succede di tutto in questo momento. Con la sua Congregazione, come guarda
questi avvenimenti per i cristiani?
R. – Con molta preoccupazione per
i cristiani, perché già sappiamo cosa è successo in Iraq e come la guerra, come poi
la crescita del terrorismo, la crescita di posizioni fanatiche, abbiano portato a
episodi di violenza, che hanno insanguinato le famiglie, e che in alcuni casi hanno
preso di mira i cristiani con questi atti ignobili. Pensiamo solo all'attentato contro
la cattedrale di Baghdad dei siro-cattolici, dove sono stati uccisi decine di cristiani,
tra cui due giovani sacerdoti. E poi pensiamo che la pace vera e propria, che ha portato
Gesù e che tutti noi invochiamo, debba essere instaurata in questa terra non attraverso
la violenza, ma attraverso la democrazia, attraverso la partecipazione di tutti -
cristiani, musulmani, ebrei - come succede già in alcuni Paesi, alla vita pubblica,
attraverso la dignità delle persone, la dignità della donna, l’educazione, il pane
di ogni giorno: che tutti possano avere questa vita degna che tutti noi auguriamo
e vogliamo per tutti, in Oriente e Occidente.
D. – Vuole lanciare un
appello dai microfoni della Radio Vaticana?
R. – Noi facciamo un appello
a tutti quelli che sono responsabili, responsabili religiosi o politici, a trovare
la via dell’intesa, del dialogo, della comunione. Il futuro del mondo non si costruisce
con la forza, ma si costruisce con la comprensione e con il dialogo, nel rispetto
della giustizia e dei diritti di tutti: adesso, per esempio, c’è il contesto del Maghreb,
dove stiamo assistendo a questa apocalisse biblica, all’esodo di tanta gente, che
muore nel deserto. Io sono stato in Eritrea, questa nazione straordinariamente bella,
che si trova a dover offrire come futuro ai suoi figli l’andarsene via e morire o
nel deserto o sulle spiagge del Mediterraneo. Gente che merita tutta la nostra attenzione.
Cosa facciamo per loro? Cosa possiamo fare se non essere vicini a loro, sì con la
preghiera, ma anche con il nostro sostegno e dicendo: “Guardate che noi pensiamo a
voi e vogliamo veramente che possiate stare nella vostra patria liberi, godendo dei
vostri diritti, soprattutto ovviamente della libertà religiosa, ma di tutti gli altri
diritti che fanno la dignità della persona umana”. Volevo che questa Settimana Santa
che ci mette davanti alle sofferenze di Gesù, alla sua morte e resurrezione, sia anche
per tutti noi un riflettere sulle sofferenze concrete di questa croce di Cristo, che
continua ancora ad esistere nel mondo, in tutto il mondo, attraverso le sofferenze,
le malattie, le povertà, le esclusioni e che si manifesta purtroppo col grande dolore
di questi Paesi, dove tanta sofferenza dei nostri fratelli si offre alla conoscenza,
all’informazione del mondo intero. (ap)