2011-04-02 15:38:14

Scontri in Costa d'Avorio: 800 morti a Duékoué


Non c’è tregua alle violenze in Costa d’Avorio, dove il presidente uscente Gbagbo, sconfitto alle ultime elezioni, non intende lasciare il potere. Nel Paese intanto è guerra civile: le forze del presidente eletto Quattara controllano la capitale economica Abidjan e sarebbero a un passo dalla vittoria, ma stamane le truppe fedeli a Gbagbo in un messaggio alla tv si stato hanno chiamato alla mobilitazione in difesa delle “istituzioni della Repubblica”. La comunità internazionale chiede il passaggio di consegne a Ouattarà, ma secondo l'Onu entrambi i leader hanno "violato i diritti umani". Intanto la Croce riferisce di 800 morti negli ultimi 5 giorni. Il servizio di Claudia Di Lorenzi:RealAudioMP3

L’appello della comunità internazionale è pressante. Si chiede al presidente uscente della Costa D'Avorio, Laurent Gbagbo, di “dimettersi immediatamente” per lasciare la guida del Paese al presidente eletto, internazionalmente riconosciuto, Alassane Ouattara, vincitore delle elezioni del novembre scorso. Una richiesta corale che viene da Onu, Unione Africana, Stati Uniti e Francia. E proprio il presidente francese, Nicolas Sarkozy, ha avuto ieri un colloquio telefonico con il legittimo presidente Ouattara, per fare il punto sulla grave crisi nel Paese e ribadire l’impegno delle forze francesi a sostegno delle operazioni dell'Onu e per garantire la sicurezza dei civili. La vittoria di Ouattarà è “vitale per la pace e la riconciliazione nazionale”, si legge in una nota dell’Eliseo. Nel documento si esprime anche preoccupazione per i violenti scontri e si annuncia l’ampliamento del contingente francese, che passa da 900 a 1100 soldati. Intanto sul terreno cresce il bilancio delle vittime: almeno 800 persone sono state uccise negli ultimi cinque giorni in un quartiere della cittadina di Duékoué. Lo riferisce il Comitato internazionale della Croce Rossa che parla di un massacro “particolarmente scioccante per ampiezza e brutalità”. Ribadendo la condanna degli attacchi diretti contro civili, la Croce Rosse ha ricordato “l'impegno e l'obbligo delle parti in conflitto di assicurare in ogni circostanza la protezione delle popolazioni sul territorio che controllano”.

Giappone
Resta alto l’allarme nucleare in Giappone, a circa 3 settimane dal terremoto e dallo tsunami che hanno messo in ginocchio il Paese. Oggi La Tepco ha reso noto di aver individuato la perdita al reattore n.2 della centrale di Fukushima dalla quale è in corso la fuoriuscita di acqua radioattiva che si riversa in mare. In una nota la società che gestisce gli impianti nucleari conferma un altro dato allarmante: la quantità di iodio radioattivo nella falda sotto il reattore n1, danneggiato al 70 per cento, ha raggiunto valori abnormi, pari a 10.000 volte i limiti legali. Il portavoce dell'agenzia giapponese per la sicurezza nucleare, Hidehiko Nishiyama, ha confermato la notizia e denunciato che “materiali” con radioattività superiore al normale sono stati rinvenuti ad una distanza di 37 chilometri dall’impianto. Il Premier Naoto Kan, per la prima volta sul luogo del disastro, ha visitato oggi le squadre di emergenza che lavorano a Fukushima, nella base operativa dei soccorsi, a 20 km dall'impianto. “Voglio che combattiate con la convinzione che non potete assolutamente perdere questa battaglia”, ha detto Kan agli operatori. Intanto la terra continua a tremare: una nuova scossa di magnitudo 5 ha colpito la prefettura di Ibaraki a 150 km a nord di Tokyo.

Lampedusa
Emergenza immigrazione a Lampedusa. Il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Silvio Berlusconi, intervenendo ad una iniziativa a Catania, ha assicurato che “già da stasera o al massimo domani l’isola sarà ridata ai cittadini”. Intanto il presidente della Commissione europea Barroso, in una telefonata con il presidente del Consiglio, ha ribadito che il problema riguarda tutta l'Europa e deve essere risolto a livello europeo. Ha anche assicurato l'impegno dell’Ue ad una più fattiva solidarietà verso l'Italia. Ma continua l’esodo di massa dai campi: un’altra evasione si è verificata oggi a Manduria, in Puglia: a centinaia hanno abbandonato la tendopoli verso le campagne e la stazione ferroviaria di Taranto. Attualmente nel campo non ci sarebbero più di 400 persone, ma la polizia informa di scontri fra immigrati e forze dell’ordine. L'agitazione scaturirebbe da lamentele per la carenza di servizi. Altre tensioni si sono registrate sul molo del porto vecchio di Lampedusa dove i migranti hanno respinto un furgone che portava i pasti. Gli extracomunitari hanno detto che rifiuteranno il cibo fino a quando avranno la certezza che partiranno da Lampedusa.

Afghanistan
Nuove violenze in Afghanistan. Almeno 9 persone sono morte e 73 sono rimaste ferite durante una protesta nella provincia meridionale di Kandahar contro il rogo di una copia del Corano avvenuto in Florida. Un episodio che fa seguito all'assalto di un ufficio Onu nella cittá settentrionale di Mazar-e-Sharif, in cui hanno perso la vita sette operatori delle Nazioni Unite e cinque manifestanti afghani. Per la strage sono state arrestate 27 persone. “La protesta era iniziata con scopi pacifici, ma alcuni terroristi internazionali hanno approfittato della situazione” ha detto Munir Ahmad Farhad, portavoce del governatore provinciale.

Siria
Resta alta la tensione in Siria, dove le proteste contro il presidente Bashar al-Assad sono represse nella violenza e si moltiplicano gli arresti fra gli attivisti. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, si è detto “profondamente preoccupato” per la situazione nel Paese, dove le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro i manifestanti uccidendo almeno 9 persone. Il segretario generale dell’Onu “deplora l'uso della violenza” contro coloro “che protestano pacificamente e chiede la fine immediata di ogni di spargimento di sangue”. Sul terreno, gruppi armati hanno sparato contro cittadini e forze dell'ordine a Duma, sobborgo di Damasco, e nella città di Homs, a 180 km a nord della capitale, causando morti e feriti. Proprio ieri ad Homs migliaia di manifestanti anti-regime, fra cui anche decine di cristiani, si sono riuniti di fronte alla principale moschea della città, Khaled ben Walid.

M.O.
Torna alta la tensione nella Striscia di Gaza. Nella notte tre palestinesi del braccio armato di Hamas sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano contro una vettura a Khan Younès, nel sud della Striscia. Lo riferiscono testimoni e fonti mediche locali. Secondo un portavoce militare israeliano, i tre facevano parte di “una cellula terroristica” che stava pianificando un'imminente incursione a Israele o nel Sinai egiziano per rapire cittadini israeliani. Tra loro c'era anche un comandante delle Brigate Ezzedin al-Qassam di Hamas. L’organizzazione palestinese ha definito l'episodio “molto grave” e ha minacciato conseguenze per Israele.

Giordania
Proteste antigovernative si registrano anche in Giordania, dove ieri, cinquecento giovani si sono radunati ad Amman invocando riforme costituzionali e lotta alla corruzione. Dopo gli scontri di venerdì scorso, che hanno causato un morto e 160 feriti, il governo ha vietato ai lealisti di scendere in strada. Circa 400 agenti pattugliano le vie principali della capitale mentre il Centro nazionale giordano per i Diritti umani ha inviato osservatori per vigilare sulle manifestazioni. Intanto i Fratelli musulmani, principale gruppo dell'opposizione, hanno chiesto a Re Abdallah II di presentare un pacchetto di riforme per “assicurare il rispetto della libertà” e scongiurare il pericolo “delle divisioni, come avvenuto in altri Paesi arabi”.

Yemen
In Yemen migliaia di sostenitori del presidente Ali Abdullah Saleh si sono radunati oggi nella capitale per una dimostrazione di appoggio al regime. Saleh ha incontrato i rappresentanti di diverse tribù, mentre resta forte il movimento di opposizione al presidente, al potere da 32 anni. Ieri durante una manifestazione dei filogovernativi, il presidente si è detto “pronto all'estremo sacrificio per difendere il popolo yemenita”.

Spagna
Il premier spagnolo Zapatero ha annunciato che non si presenterà alle elezioni politiche del marzo 2012. “E' una decisione definitiva” ha detto al Consiglio federale del suo partito, il Partito socialista spagnolo. “Già nel 2004 pensavo che due legislature, otto anni, fossero il periodo più ragionevole e conveniente per il paese e per la mia famiglia. Da allora il mio modo di pensare si è solo rafforzato”. Due i candidati già pronti: il vicepremier Alfredo Rubalcaba e il ministro della difesa Carme Chacon. (Panoramica Internazionale a cura di Claudia Di Lorenzi)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 92







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