Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa quarta Domenica di Quaresima, la liturgia ci propone il Vangelo del cieco
nato guarito da Gesù. Una guarigione contestata dai farisei, contro tutte le evidenze,
perché avvenuta in giorno di sabato. Gesù afferma di essere venuto nel mondo “perché
coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi”. I farisei replicano:
“Siamo ciechi anche noi?”. E Gesù risponde:
«Se foste ciechi, non avreste
alcun peccato; ma siccome dite: ‘Noi vediamo’, il vostro peccato rimane».
Su
questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin,
docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Un cieco
che comincia a vederci grazie ad un intervento prodigioso di Gesù, e dei presunti
vedenti che continuano a negare l’evidenza, fino al ridicolo. Questo ci presenta il
lungo testo del Vangelo di oggi, fermandosi sulle quattro inchieste che fanno i capi
per rifiutare di riconoscere in Gesù un inviato da Dio. Ci sono dei momenti anche
drammatici: i genitori del cieco che non gioiscono per il figlio guarito, per timore
di essere espulsi; il cieco stesso caparbio e audace che ragiona con la sua testa
e non si fa intimorire, ma paga con l’espulsione la sua libertà. Progressivamente
il cieco si avvicina alla luce piena della fede, e in parallelo i farisei si chiudono
nei loro pregiudizi e nelle loro certezze fanatiche. Quello che più impressiona in
tutta la scena movimentata è che il giudizio e l’inchiesta avvengono senza interpellare
Gesù: un processo in contumacia, una condanna stabilita prima di sapere bene i fatti.
Il sapere dei farisei – ben tre volte ripetono che loro sanno – e la loro autorità
dispotica, non servono alla verità e al bene, ma solo a difendere il loro prestigio,
anche contro ogni evidenza. Ciechi, guide cieche e fanatiche, specchio di certi nostri
pregiudizi ridicoli e condanne precipitose. Forse a volte non siamo così ciechi anche
noi?