Il cardinale Ruini: i politici veramente cristiani non possono prescindere dalla fede
“La coscienza dei credenti deve essere illuminata e formata non solo dalla loro ragione
ma anche dalla fede e dall’insegnamento della Chiesa”. È quanto affermato ieri sera
dal cardinale Camillo Ruini, presidente emerito della Cei, durante la prolusione alla
“Duegiorni” di Rete Italia, evento sul tema “Viva la politica” in programma a Riva
del Garda fino a domani. Il porporato, riporta l’agenzia SIR, ha spiegato come sia
teologicamente infondata “quella posizione, rivendicata a volte con enfasi da alcuni
politici cattolici, per la quale il richiamo alla propria libertà di coscienza viene
fatto valere per discostarsi dagli insegnamenti della Chiesa”. Secondo il cardinale,
“sul piano politico e giuridico essi hanno certamente il diritto di agire così, ma
non possono pretendere che questi comportamenti e queste scelte siano anche teologicamente
ed ecclesialmente legittimi”. Perciò “all’interno del mondo cattolico, la controversia
sui ‘principi non negoziabili’ ha qui il suo vero nocciolo”. Questa questione, ha
precisato il cardinale Ruini è “un sintomo di quelle tendenze alla ‘secolarizzazione
interna’ della Chiesa e dei cattolici che da una parte non devono sorprendere, per
l’influsso reciproco tra Chiesa e società che è sempre in atto”, ma che d’altra parte
necessitano di una reazione, “se non vogliamo che la fede diventi irrilevante e intendiamo
invece conservare le nostre capacità di testimonianza missionaria”. In riferimento
al discorso di Benedetto XVI al Pontificio Consiglio per i Laici del maggio scorso,
nel quale il Pontefice sottolineava come la speranza cristiana “allarga l’orizzonte
limitato dell’uomo e lo proietta verso la vera altezza del suo essere”, cioè verso
Dio, il cardinale Ruini ha commentato come la politica debba essere relativizzata,
manifestandosi non come realtà “ultima”, ma “penultima”. La fede cristiana, là dove
si è storicamente affermata, ha precisato il porporato, ha costituito un limite e
un freno alle assolutizzazioni della politica “che nel nostro tempo hanno condotto
ai totalitarismi e nel passato hanno portato alla sacralizzazione del potere politico”.
“Per fare politica da cristiani”, ha continuato il cardinale, “bisogna anzitutto essere
davvero cristiani. Esserlo, però, non è mai stato facile, perché richiede la conversione
del cuore e della vita”. Al fine di respingere quelle potenti spinte sociali e culturali
che ci allontanano dal cristianesimo “abbiamo bisogno di una comunità, di un ambiente
di vita, di amicizie, di relazioni umane che ci sostenga e dia nutrimento quotidiano
alla nostra fede”, per essere così “davvero cristiani e agire da cristiani, in politica
come in ogni altro campo”. Non tutte le comunità sono tuttavia all’altezza di questo
compito, ha aggiunto Ruini, ricordando le parole di Benedetto XVI sull’intelligenza
della fede che diventa intelligenza della realtà. “Diciamolo francamente” ha ammesso
il porporato, “questo tipo di intelligenza è assente in troppe comunità parrocchiali,
associazioni, gruppi giovanili. Oppure è inteso alla rovescia, come se fosse la cultura
di oggi a fornire la chiave decisiva per l’intelligenza della nostra fede. Certo,
la fede va incarnata, o ‘inculturata’, nelle situazioni e nelle problematiche del
nostro tempo, non può prescindere da esse se non vuole diventare sterile e insignificante.
Il suo criterio decisivo è però Gesù Cristo, che vive nella Chiesa: è lui che ci dà
la chiave per leggere, valutare e trasformare la realtà in cui viviamo” (M.R.)