Siria: le caute aperture del presidente non fermano la contestazione
Torna alta la tensione in Siria, in concomitanza con il venerdì di preghiera. Si registrano
nuove proteste antigovernative in diverse zone del Paese nonostante le aperture annunciate
ieri dal presidente Assad. Intanto il dipartimento di Stato americano ha invitato
i suoi cittadini a lasciare Damasco. Il servizio è di Marco Guerra:
Alla chiusura
della preghiera si sono formati diversi cortei con migliaia di manifestanti nelle
città del nord est a maggioranza curda, al confine con Turchia e Iraq. Se confermate,
si tratta delle prime dimostrazioni non autorizzate dal regime siriano a marciare
nella regione ricca di risorse energetiche e dall'alto valore strategico. Migliaia
di persone sono tornate in piazza anche a Daraa, nel sud della Siria ed epicentro
delle rivolte dei giorni scorsi. Tensione anche a Damasco, dove, secondo le
testimonianze di alcuni attivisti, circa 2000 manifestanti anti-regime sono stati
rinchiusi nel cortile della moschea di Duma, sobborgo nord-orientale della capitale,
all'interno del quale agenti anti-sommossa avrebbero sparato gas lacrimogeni. L’appello
a occupare tutte le piazze del Paese oggi è stato lanciato nei giorni scorsi sui social
network dai dissidenti, sebbene ieri il presidente Assad abbia concesso le prime aperture,
annunciando la creazione un comitato giuridico per studiare l'abolizione dello Stato
di emergenza in vigore da quasi 50 anni, l’istituzione di una commissione d’inchiesta
sulle violenze avvenute nei giorni scorsi a Daraa e a Latakia, e l’aumento del 20%
degli stipendi pubblici. Sempre ieri, però, il Comitato siriano per i diritti umani
ha denunciato l’uccisione di altri 25 manifestanti a Latakia, durante “pacifiche”
manifestazioni. Il bilancio fornito dai dissidenti parla di oltre 200 vittime dall’inizio
della contestazione.