2011-03-30 14:54:32

Libia: controffensiva delle milizie di Gheddafi, insorti in ritirata nonostante i raid della coalizione


Armare gli insorti e ipotesi di esilio per il colonnello Muammar Gheddafi. Le proposte all’indomani del vertice di Londra, in cui i Paesi della coalizione internazionale hanno stabilito i principi politici della strategia per la Libia del dopo rais. Sul fronte, i ribelli sono stati costretti a ripiegare mentre le truppe di Gheddafi riprendono Ras Lanuf. Il servizio di Francesca Smacchia:RealAudioMP3

Il giorno dopo la Conferenza di Londra sulla Libia si accende il dibattito sulla possibilità di armare i ribelli. Il presidente americano Obama non esclude questa ipotesi anche perché – aggiunge - è troppo presto per parlare di negoziati con il colonnello. L’Europa si divide: la Francia concorda, per l'Italia occorrerebbe una nuova risoluzione Onu, la Russia, la Norvegia e il Belgio, invece, si dicono contrari all'ipotesi che la Nato armi le forze dell'opposizione libica. Londra non esclude di armare i ribelli. E se il presidente americano dice che Gheddafi ha i giorni contati mentre si apre il possibile scenario dell’esilio del rais di Tripoli, il capo di Stato italiano, Napolitano, giudica negativo che i paesi dell'Ue si siano divisi e parla di errore nel non creare una difesa comune. Anche il ministro degli Esteri Frattini giudica grave la mancanza di solidarietà da parte dello Stato francese. Stamani la Nato ha cominciato all'alba a lanciare i primi ordini operativi a destinazione delle unità impegnate nella campagna aerea libica, con la prospettiva di compiere il passaggio di consegne del comando, dalla 'coalizione dei volenterosi' all'Alleanza, in tempi molto rapidi. Intanto resta alta la tensione sul campo. Nelle ultime ore si registra la controffensiva delle forze di Gheddafi, gli insorti in difficoltà arretrano nonostante i continui raid aerei della coalizione contro l’esercito di Tripoli. Le truppe fedeli al rais hanno attaccato Misurata con razzi e cannoni dei carri armati, 18 le vittime. Già oggi l'artiglieria delle forze del colonnello aveva riconquistato il sito petrolifero di Ras Lanuf costringendo i ribelli ad abbandonare le postazioni e fuggire verso Est. Secondo quanto riferisce la Bbc, inoltre, i caccia della coalizione hanno effettuato raid contro i carri armati delle truppe fedeli al regime nella zona di Uqaylah.

Alla Conferenza di Londra sulla Libia ha partecipato anche la Santa Sede, rappresentata dal nunzio apostolico in Gran Bretagna, mons. Antonio Mennini. Francesca Sabatinelli lo ha raggiunto telefonicamente nella capitale britannica chiedendogli di commentare gli esiti dell’incontro:RealAudioMP3

R. – E’ stato sottolineato come le operazioni militari abbiano una legittimità - e quindi anche un limite - nella necessità di difesa, di salvaguardia dei diritti civili e dell’incolumità della popolazione libica: nella misura in cui questa esigenza dovesse essere soddisfatta o non essere più presente l’operazione militare potrebbe finire anche domani. Poi, quello che riterrei importante - a parte la costituzione di un gruppo di contatto, che ha una dimensione più politica, anche se il suo allargamento sta a significare non tanto un coinvolgimento tecnico-militare di altri Paesi, ma quanto un coinvolgimento in una prospettiva futura, che riguardi la costruzione, anche se in nuce, di una road map per quello che sarà la nuova Libia – è importante, dicevo, il fatto che l’aiuto umanitario - che non dovrà limitarsi come normalmente può accadere in situazioni di emergenza all’invio di derrate alimentari oppure medicinali - avrà una gamma molto più vasta: cioè si intende davvero dare una mano alla Libia nel ricostruire le infrastrutture, i ponti, le case, gli ospedali, i centri dei media. Mi sembra che un altro elemento importante sia il fatto che tutto questo, con l’aiuto umanitario internazionale, verrà coordinato direttamente dalla segreteria generale dell’Onu, attraverso un inviato speciale del segretario generale dell’Onu. Mi sentirei di dire, quindi, che mentre la parte più strettamente politica e militare rimane appannaggio di strutture fondamentalmente militari, questa dimensione umanitaria sembra risollevare la questione della vocazione fondamentale di tutta la comunità internazionale a prendersi cura delle esigenze anche fondamentali e primarie di una popolazione oggi estremamente prostrata.

D. – Lei accennava al gruppo di contatto del quale faranno parte anche il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti, tanto che la prossima riunione si svolgerà proprio in Qatar. Che importanza hanno questi Paesi, secondo lei, all’interno del gruppo?

R. – Il Qatar ha sottolineato il fatto che vorrà giocare un ruolo di liaison con molti altri Paesi arabi, rilevando come - anche se parecchi non erano presenti a Londra - il sostegno alla risoluzione dell’Onu che si è avuto qualche settimana fa durante la riunione della Lega Araba sia stato massiccio. Questo mi sembra importante. Secondo, un elemento non meno importante: questo gruppo di contatto è aperto, anzi si auspica che ad esso partecipino in modo attivo l’Unione Europea, l’Unione Africana, l’Organizzazione degli Stati del Golfo e altri organismi internazionali. Sarà una struttura che è chiaro che avrà poi un nucleo centrale direttivo, aperto però alla collaborazione di tutti, perché il suo compito è soprattutto quello di tentare di disegnare un futuro politico per la Libia attraverso dei passi concreti e cadenzati intermedi e rapportandosi principalmente al Consiglio provvisorio libico, senza escludere però nessuna componente della società libica e in questo caso nessun gruppo etnico, nessun gruppo tribale o tanto meno nessun gruppo religioso, per quanto minoritario. (ap).

A conclusione dei lavori della Conferenza di Londra sulla Libia sembra aprirsi ora un lungo percorso di iniziative diplomatiche dirette a riportare la stabilità nel Paese nordafricano. I prossimi appuntamenti del gruppo di contatto sono previsti in Italia e in Qatar, anche se tutto sembra ancora legato all’incognita del conflitto militare. Stefano Leszczynski ha intervistato Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino.RealAudioMP3

R. – Ho paura che la situazione debba passare attraverso un’evoluzione ancora un po’ più complicata. La crisi libica, dal primo giorno in cui è scoppiata, non ha fatto altro che sorprenderci, coglierci in contropiede. A noi è sembrata che fosse partita, questa nuova ondata, questa valanga, che avrebbe travolto un po’ per volta tutti gli autoritarismi. Quindi, il problema è: non c’è soltanto la Libia di cui occuparci. Siamo di fronte ad una pagina storica di straordinaria importanza.

D. – Il pericolo, quello che tutti temono, è una spaccatura in due del Paese e quindi una guerra civile permanente. C’è questo rischio?

R. – Sì. Anche perché la Libia, curiosamente, pur essendo essenzialmente desertica, è divisa storicamente e geograficamente in due regioni: Cirenaica e Tripolitania. Il rischio è quello: Gheddafi viene, come sappiamo, dalla Tripolitania. Ovviamente, la Cirenaica è quella che si è ribellata e liberata, per cui il rischio di un incistamento di questa situazione di conflitto civile è molto alto.

D. – Quale potrebbe essere una chiave per riportare la Libia alla stabilità nel più breve tempo possibile, oltre all’azione militare?

R. – Io non credo che possa essere tanto lungo il periodo in cui questa situazione si protrarrà ancora. Intanto, i sia pur limitati attacchi occidentali producono indubbiamente un indebolimento del regime di Gheddafi. Non dimentichiamo, poi, che Gheddafi si appoggia tuttora su un ceto di mercenariato che lo ha molto aiutato nei primi giorni. I mercenari, annusando l’aria, si rendono conto che tra un po’ non converrà più appoggiare Gheddafi e quindi è verosimile che un po’ per volta i mercenari tendano a scomparire.

D. – Le Nazioni Unite sono state coinvolte in questa crisi; si stanno muovendo bene?

R. – Non dobbiamo mai dimenticare un presupposto fondamentale: l’Onu è ciò che gli Stati vogliono che essa sia. Non c’è dubbio che la crisi attuale dell’Onu sia nata nel 2003, con la decisione americana di dire al Consiglio di Sicurezza che c’erano le armi di distruzione di massa che non c’erano. E se noi guardiamo questi ultimi otto-nove anni, da allora l’Onu è praticamente scomparsa dalla scena. Da allora, l’Onu ha cercato di rimettere il capo fuori dal suo Palazzo di Vetro per la prima volta con questa questione. Non è stata una ripresa di grande brillantezza; però, c’è stata. Il lato positivo di tutto ciò è, secondo me, il fatto che l’Onu ha incominciato rimostrare una sua soggettività e anche la possibilità di riassumere una posizione di protagonismo internazionale, di mediazione, intermediazione e direzione della vita internazionale. (gf)







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