In Libia avanzano le forze di Gheddafi. La coalizione internazionale discute sulla
fornitura di armi leggere agli insorti
In Libia riconquistano terreno le forze fedeli a Gheddafi che oggi hanno ripreso il
controllo del centro petrolifero di Ras Lanuf. Aerei della coalizione internazionale
hanno quindi bombardato la zona a ovest di Agedabia per frenare l’avanzata lealista.
Intanto si accende all'interno della coalizione il dibattito sull'ipotesi di fornire
armi ai rivoltosi. Il servizio di Debora Donnini.
A conclusione
dei lavori della Conferenza di Londra sulla Libia sembra aprirsi ora un lungo percorso
di iniziative diplomatiche dirette a riportare la stabilità nel Paese nordafricano.
I prossimi appuntamenti del gruppo di contatto sono previsti in Italia e in Qatar,
anche se tutto sembra ancora legato all’incognita del conflitto militare. Stefano
Leszczynski ha intervistato Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali
all’Università di Torino.
R. – Ho paura
che la situazione debba passare attraverso un’evoluzione ancora un po’ più complicata.
La crisi libica, dal primo giorno in cui è scoppiata, non ha fatto altro che sorprenderci,
coglierci in contropiede. A noi è sembrata che fosse partita, questa nuova ondata,
questa valanga, che avrebbe travolto un po’ per volta tutti gli autoritarismi. Quindi,
il problema è: non c’è soltanto la Libia di cui occuparci. Siamo di fronte ad una
pagina storica di straordinaria importanza.
D. – Il pericolo, quello che tutti
temono, è una spaccatura in due del Paese e quindi una guerra civile permanente. C’è
questo rischio?
R. – Sì. Anche perché la Libia, curiosamente, pur essendo essenzialmente
desertica, è divisa storicamente e geograficamente in due regioni: Cirenaica e Tripolitania.
Il rischio è quello: Gheddafi viene, come sappiamo, dalla Tripolitania. Ovviamente,
la Cirenaica è quella che si è ribellata e liberata, per cui il rischio di un incistamento
di questa situazione di conflitto civile è molto alto.
D. – Quale potrebbe
essere una chiave per riportare la Libia alla stabilità nel più breve tempo possibile,
oltre all’azione militare?
R. – Io non credo che possa essere tanto lungo il
periodo in cui questa situazione si protrarrà ancora. Intanto, i sia pur limitati
attacchi occidentali producono indubbiamente un indebolimento del regime di Gheddafi.
Non dimentichiamo, poi, che Gheddafi si appoggia tuttora su un ceto di mercenariato
che lo ha molto aiutato nei primi giorni. I mercenari, annusando l’aria, si rendono
conto che tra un po’ non converrà più appoggiare Gheddafi e quindi è verosimile che
un po’ per volta i mercenari tendano a scomparire.
D. – Le Nazioni Unite sono
state coinvolte in questa crisi; si stanno muovendo bene?
R. – Non dobbiamo
mai dimenticare un presupposto fondamentale: l’Onu è ciò che gli Stati vogliono che
essa sia. Non c’è dubbio che la crisi attuale dell’Onu sia nata nel 2003, con la decisione
americana di dire al Consiglio di Sicurezza che c’erano le armi di distruzione di
massa che non c’erano. E se noi guardiamo questi ultimi otto-nove anni, da allora
l’Onu è praticamente scomparsa dalla scena. Da allora, l’Onu ha cercato di rimettere
il capo fuori dal suo Palazzo di Vetro per la prima volta con questa questione. Non
è stata una ripresa di grande brillantezza; però, c’è stata. Il lato positivo di tutto
ciò è, secondo me, il fatto che l’Onu ha incominciato rimostrare una sua soggettività
e anche la possibilità di riassumere una posizione di protagonismo internazionale,
di mediazione, intermediazione e direzione della vita internazionale. (gf)